Pensioni


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Oggi abbiamo avuto una riunione in cui ci spiegano che l’azienda ha cambiato la società che vi gestisce i fondi pensione, ora possiamo vedere tutto online.
Dato che la riunione è tardi la sera (dalle 17:00 alle 18:00) l’azienda offre panini e birre per alleviare il disagio 🙂

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Vitamina D

In questo periodo dell’anno la stanchezza da inverno comincia a farsi sentire, il peggio è quasi passato ma la strada verso l’estate è ancora lunga, Oggi in ufficio, sul bancone della cucina, è comparso questo foglio con la spiegazione di quanto faccia bene la vitamina D e che relazione abbia con l’esposizione alla luce e con l’umore e il benessere. Sopra al foglio, un flacone di vitamina per chiunque ne volesse approfittare 🙂

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Vinlotteriet

Questa settimana si è conclusa in modo alquanto fruttuoso! La responsabile del personale ha creato un nuovo “club” chiamato Tryffelgrisen, ovvero “maiali da tartufo”, dedicato alla degustazione dei vini, attività alquanto popolare nel regno delle tre corone.
La prima attività è stata una vinlotteriet, una lotteria, con tema “pinot nero”. Ogni partecipante ha messo in palio una bottiglia a scelta, che è andata a far parte del montepremi. Io mi sono ovviamente sentito chiamato in causa, e ho anche stupito per aver portato l’unico bianco frizzante: nessuno sapeva infatti che alla base di molti spumanti metodo classico e champagne, bianchi, appunto, ci fosse un’uva chiamata pinot nero 🙂
L’estrazione è stata eseguita non senza una certa trepidazione, con la presenza in videoconferenza del nostro inviato ad Oslo.
Ebbene, ho tenuto alta la nostra bandiera di nazione enologica! Il mio nome è stato l’ultimo estratto dall’urna, e mi sono aggiudicato il primo premio di 6 su 11 bottiglie!
Si preannuncia un week end interessante 🙂
Skål!

Chiudiamo in bellezza

Questo per me é l’ultimo giorno di lavoro prima delle vacanze, a un anno quasi esatto dalla mia data di assunzione, il 4 agosto.
Chiudo tutto e me ne vado per qualche settimana a prendere il sole, mentre i miei colleghi rientreranno quasi tutti dal lavoro.

Posso però direi di poter chiudere in bellezza. In questi giorni ho lavorato moltissimo per i nostri amici norvegesi, e abbiamo fatto la nostra prima “consegna” ufficiale.

Non tutto é andato liscissimo, ci sono stati vari imprevisti, ma ho cercato di mettere le cose in fila, di affrontare un problema alla volta, e di fare le cose per bene sin dall’inizio. Speravo che questo approccio avrebbe pagato, magari non scontentando troppo il cliente per alcuni disagi che ha dovuto comunque subire.

Dopo qualche giorno di tribolazione hanno suonato alla porta dell’ufficio, e si é presentato un fattorino con questo:

Homage

Homage

Una cesta con frutta e cioccolatini indirizzata a me! Subito ho pensato a un omaggio della ditta per il mio compleanno (che é a breve), poi aprendo il biglietto ho letto questo:

Ciao Mauro!

Grazie per il tuo eccezionale lavoro, impegno e costante entusisamo durante tutto [il progetto], e per aver [rispettato la data di consegna]

Firmato, il responsabile di progetto della compagnia Norvegese.

Ora posso chiudere tutto, spegnere il PC, pulire la scrivania, dare l’acqua alle piante. Ci vediamo dopo le vacanze 🙂

Differenze culturali: la cena col cliente importante

good_mannersContinuo a rimanere perplesso e un po incredulo su come i rapporti fra le persone si gestiscano in modo diverso quassù in Svezia, o nei paesi nordici in generale. Lascio che a raccontare sia l’esperienza di oggi.

Alcune persone del cliente per il quale lavoro, in uno dei progetti più grossi ed importanti che mi siano mai stati assegnati, sono venute da Oslo a Stoccolma per partecipare a un corso di aggiornamento tecnico: la capo progetto e due “responsabili di settore”. Alla notizia la mia immaginazione  lavorativa primordiale ha immediatamente ricreato uno scenario familiare e collaudato: obbligo di cravatta in ufficio e dintorni (rafforzato da “suggerimento” del responsabile del personale, intermediato da e-mail della segretaria), ricevimento servile e in pompa magna con buffet in pausa pranzo, serata fra commerciali e capi-progetto in esclusivo ristorante di lusso in centro città, con quel fasto un po posticcio e arraffazzonato del “completo buono” tirato fuori nei giorni di festa. Con una presenza esclusivamente maschile e in tempi lontani dalla crisi non si sarebbe esclusa nemmeno una puntata del “gotha” dirigenziale ad un night club.

Questo quadro si è dipinto in un secondo nella mia mente, e subito ha cominciato a vacillare. Vista la calura praticamente insopportabile di questi giorni  (26°C) le mie colleghe hanno pensato di organizzare una pausa pranzo con bagno nel mare sul quale si affacciano i nostri uffici. Per cui si è deciso di presentarci in tenuta estiva, costume da bagno ed asciugamano, e abbiamo scritto alla capo-progetto S di portare con se costume ed asciugamano, suggerimento accolto con entusiastica mail di risposta.

Oggi la delegazione si è presentata in abiti estivi ed informali, “S” sfoggiante una nuova acconciatura con ciocche blu (“che si intonano al colore dei miei occhi”). Purtroppo il bagno è saltato causa incertezza metereologica. Si è fatta invece una passeggiata alla tavola calda più vicina per acquistare portate da asporto, prevalentemente panini ed insalate. Tornati in ufficio, ci siamo sistemati in cucina insieme agli altri colleghi, ed abbiamo consumato il nostro pranzo in chiacchiere informali, solo occasionalmente relative al lavoro.

In serata il nostro capo-progetto J ci ha invitati tutti a casa sua per un Barbecue. Dopo aver accompagnato i clienti a lasciare le valigie in albergo (con una seconda passeggiata), abbiamo chiamato un Taxi per raggiungere un quartiere periferico di Stoccolma, formato da piccole villette con giardino in stile “Desperate Houswife”. Siamo arrivati in contemporanea con J, che è sceso dall’auto con le borse della spesa e ci ha aperto la porta.

Entrati in casa ci siamo ovviamente tolti le scarpe e ci siamo sistemati in cucina. La famiglia di J ha lasciato campo libero, andando in visita dai nonni. Dopo un primo aperitivo ognuno ha cominciato a fare la propria parte, chi mettendo a bollire le verdure, chi preparando il fuoco e la carne, chi preparando gli stuzzichini, chi apparecchiando il tavolo nel giardino sul retro. A me è toccata a sorpresa la preparazione del Tiramisù (che non è riuscito affatto male, sebbene sia ancora qui a pregare che domani non siamo decimati dalla salmonella), mentre finivo di preparare la capo-progetto S sciacquava gli utensili che avevo utilizzato, includendo nel lavaggio anche alcune tazze presenti nel lavandino al nostro arrivo.

Quando tutto è stato pronto ci siamo accomodati a cena, fino circa alle nove e un quarto/nove e mezza quando si è condiviso un secondo Taxi per tornare a casa.

Tutta questa informalità non deve però trarre in inganno, non si tratta di assenza di regole, ma di un codice diverso e basato su un diverso concetto di rispetto. Proprio la cena è stato il momento in cui mi sono reso conto di dover fare ancora molta strada per comprendere e condividere quelle regole di comportamento tanto radicate da essere date per scontate, e quindi facili da infrangere anche nella più buona delle fedi. Sono regole tanto radicate che chi le segue non si rende nemmeno conto di farlo, ed inoltre cercare di capire cosa stia succedendo è difficile perchè non sai se quello che stai notando sia un’eccezione del momento o la norma.

La bottiglia di vino che ho portato come contributo alla cena non è stata ne aperta ne messa in tavola, ma è rimasta in cucina. In tavola tovaglia (e tovaglioli!) non occorrono. La prima persona ad essere servita è quella che viene da più lontano. La pietanza viene portata in tavola da chi l’ha preparata, tutti si preparano il piatto ma NON si inizia a mangiare sino a quando il padrone di casa non lo dice esplicitamente. NON si lascia cibo nel piatto, e al primo invito al bis nessuno rifiuta. In compenso dopo il bis il padrone di casa non invita specificatamente a servirsi di nuovo. Il brindisi ha ben poco a che fare con il nostro “cin cin”, ma si solleva il bicchiere e ci si guarda negli occhi con CIASCUN commensale prima di bere e di riguardarsi nuovamente negli occhi (questa “cerimonia” in particolare è così veloce e “implicita” che non ne ho ancora afferrato nel dettaglio le dinamiche. Dovrò investigare.) Il silenzio a tavola è tranquillamente tollerato, e per niente imbarazzante. Quando la conversazione vira sullo svedese/norvegese per un pò, qualcuno passa all’inglese per includermi meglio nella conversazione, a volte cambiando lingua nel mezzo di una frase! Interrompere qualcuno mentre parla per esprimere apprezzamento è malvisto, farlo per “rilanciare” (“eh, ma questo è niente! Pensa che a me è successo che…”) è praticamente un delitto. Nei discorsi fare assolutismi (“sicuramente si tratta di” oppure “questa cosa succede SEMPRE”) o esagerare per enfatizzare (“quando vedo le cozze in lattina mi viene la pelle d’oca”) causano il sollevamento di alcune sopracciglia e sorrisi vagamente ironici e schernitori.

Non avevo aggiunto del liquore nel tiramisù (cosa incomprensibile per i locali, un po come mangiare gli spaghetti senza le relative polpette, o una pizza senza ananas), per cui J ha portato in tavola una bottiglia di Ruhm invitando chi volesse ad aggiungerlo alla propria porzione. Più per spirito di cronaca che per altro ho detto che in effetti la ricetta originale non prevede affatto liquore (omettendo di dire “credo che”, o “che io sappia”, e quindi commettendo un assolutismo). Subito non ci ho fatto caso, ma la bottiglia di Ruhm è sparita dalla dalla tavola ed è rimasta appoggiata per terra, forse per non contraddirmi, non so, ma mi sono sentito in colpa per il resto della serata.

Insomma, se pensate che i problemi più ostici nel trasferirvi in un paese diverso siano la burocrazia o la lingua, sappiate che non si tratta di quello: sono queste sottili ed insidiose differenze che saltano fuori all’improvviso e che vi fanno ricordare che non è il posto in cui siete nati e cresciuti, e che vi possono far sentire leggermente fuori posto. Ma imparare a riconoscere e a risolvere questo tipo di situazioni davvero non ha prezzo. E per ora non sono affatto disposto a ritornare a cene di finto lusso e di sorrisi ipocriti, mi spiace, proprio no.

The Swedish CodeLettura consigliata: “The Swedish Code (What makes the Swedish so Swedish?)” Di Uli Bruno, Marie Bengst, Silvia Nilson-Puccio. Ed. KnowWare Publications. (ISBN: 9188783456)

Cinque ore e mezza di riunione

Scrivo queste cose, ma, soprattutto se lavorate in un’azienda di informatica, non pretendo che crediate siano vere. Non ci credo neanche io del tutto.

Ieri pomeriggio ho partecipato alla prima riunione mensile del nostro reparto, anticipata sul nostro calendario elettronico condiviso, e marcata come dalle 3 del pomeriggio alle 5 con seguito a sorpresa fino alle 9.

Con non troppo entusiasmo, memore di riunioni del genere, e sprovvisto peraltro della versione Svedese del massimo divertimento possibile in quelle occasioni, ovvero il bingo delle cazzate, mi sono accodato ai miei colleghi per raggiungere la sala riunioni fisk (le sale riunioni sono due, fisk e fågel, l’equivalente dei nostri “acqua” e “fuoco” di quando, da bambini, si voleva guidare qualcuno alla ricerca di qualcosa).

Earavmo in tutto dieci: un paio di assenti, la responsabile delle HR, il CEO e un collega nuovo che in questo periodo è a casa con la licenza di paternità. Lo schema di queste riunioni è più o meno lo stesso ogni mese, gli argomenti trattati ieri sono stati:

1) andamento economico del mese scorso di tutta l’azienda, con attenzione maggiore, ovviamente, al nostro reparto.

2) variazioni dell’organico: 6 assunti negli ultimi 2 mesi, con breve presentazione di quelli in sala

3) Progetti acquisiti, in corso di acquisizione, e prospect

4) presentazione del corso di introduzione all’azienda: dato che sono state assunte molte persone di recente, il management ha paura che non ci sia sufficente attenzione all’inserimento di ciascuno. A partire da ottobre ci saranno alune giornate di corso con la storia dell’azienda, la condivisione dei metodi di progetto, spiegazioni sul funzionamento della burocrazia e delle policy. Oltre a questo, sono previste uscite di un paio di giorni per attività di “team making”, ad esempio con attività all’aperto nei boschi o in barca.

5) confronto aperto su come migliorare il nostro lavoro, strumenti, corsi, eccetera. A partire dalla prossima riunione ci sarà un momento di condivisione tecnica in cui una persona, interna o chiamata dall’esterno, parlerà di nuove tecnologie, oppure di cose che si sono imparate negli ultimi progetti.

6) raccolta di idee per le attività da fare dopo le prossime riunoni: è abitudine infatti chiudere le riunioni mensili con una cena insieme e un’attività extra lavorativa. Le ultime quattro: laser tag, gara podistica, bowling, gara di equitazione. Nuove idee, accolte con entusiasmo: sessione di cucina, kayaking, paintball, curling, pattinaggio su ghiaccio.

Io mi stavo quasi commuovendo, quando sono arrivate le cinque. E’ giunto il catering con la cena, e mentre si mettevano i vassoi in tavola siamo andati in cucina a prendere piatti, bicchieri e posate.

A tavola si è chiacchierato di tutto tranne, per regola ferrea, di lavoro.

Il menu comprendeva spiedini caldi di salmone, spiedini caldi di pollo, lime, basilico e semi di zucca, tacos avocado e salmone, una specie di gnocco al forno con basilico, una Caesar Salad con pollo crostini basilico pomodorini e formaggio parmesan-like, e tartine al caviale, basilico e uva passa.

Il tutto accompagnato da bevande analcoliche ed esotiche come bibite biologiche al lampone, al mirtillo, e altra frutta.

Finita la cena abbiamo sparecchiato in pochi minuti (ciascuno il suo), e si siamo preparati alla seconda parte della serata, con programma a sorpresa. Ci siamo divisi in 2 macchine e un Taxi (pochissimi vengono al lavoro in auto) e ci siamo diretti fuori città, in un complesso industriale. Il tempo di salire in ascensore, ed è presto svelata l’attività a sorpresa: una gara di Go-Kart!

Bardati di casco e tuta siamo saliti a bordo dei mezzi, e dopo una decina di minuti di qualifiche si è decretato l’ordine di partenza della gara vera e propria. Ho tenuto discretamente a galla l’onorabiltà della mia provenienza dalla Terra dei Motori, con un quarto posto che poteva anche essere podio, non fosse stato per un paio di bandiere gialle che hanno annullato il distacco dal mio inseguitore, che mi ha sorpassato sul finale 🙂

Molte risate, chiacchiere, e mi stavo preparando per uscire, quando in realtà ci siamo spostati in un’altra sala, attrezzata con giochi di vario tipo; il nosto programma comprendeva:

  • Rodeo su toro meccanico
  • Lancio dello stivale
  • Gara di piantamento chiodi in un ceppo di legno
  • Air Hockey

Dopo una piccola pausa in saletta apposita con frigo e birre a servizio libero (VERA Heineken al 5% di gradazione alcolica!), il gran finale, con un torneo di biliardo.

Dopo la premiazione simbolica dei vincitori della serata (applausi), tutti di ritorno a casa, io sono arivato verso le dieci e mezza.

In tutto, cinque ore e mezza di riunione, oltre ogni aspettativa!

Io continuo a chiedermi se sia davvero possibile che si possa lavorare in un ambiente del genere. Spero solo che non mi succeda quello che è succede in questo cartone animato di Dilbert… (abbiate pazienza, non l’ho sottotitolato. E’ un modo come una altro per ripassare l’inglese 🙂 )

Ma ròba de màt…

… che non é svedese, ma versione generico-dialettale di “roba da matti”.

Oggi in ufficio c’é un gran discutere su cosa regalare ad un collega che compie trent’anni, perché in occasione degli anni “pari” la ditta -e sottolineo: la ditta, non i colleghi – non si limita a regalare ordinari biglietti del cinema o mazzi di fiori, ma fa un ragalo “come si deve”. In ballottaggio per ora un fine settimana in una capitale Europea, una fotocamera digitale o dei buoni acquisto, non molto ben visti perché impersonali.

no no no, qui da qualche parte ci DEVE essere la fregatura….

Con gli omaggi della ditta

Ho scoperto con un giorno di ritardo (i colleghi lo davano per scontato, e la persona preposta era in ferie) che il giorno del proprio compleanno ciascun dipendente dell’azienda dove lavoro può andare in amministrazione a ritirare due biglietti omaggio validi in qualsiasi cinema di Stoccolma. E se è una donna, si vedrà anche recapitare a casa un mazzo di fiori con biglietto firmato dal CEO….

Primo giorno di lavoro

Mentre la maggior parte dei miei connazionali stava godendosi il primo giorno delle sospirate ferie, io sono andato in ufficio per il mio primo giorno di lavoro ufficiale, in contemporanea con il “grande rientro”, che qui cade fra la prima e la seconda settimana di agosto.

Dopo le prime prove durante il periodo di chiusura, comincia l’instaurarsi della routine quotidiana. Il viaggio con i mezzi è abbstanza piacevole, non sono affollati (ma forse è ancora presto) e tutto il tragitto casa-ufficio occupa meno di 20 minuti.

Nonostante il rientro di alcuni colleghi dalle vacanze e gli inevitabili racconti, il chiacchiericcio non è fastidioso, tutti usano toni pacati, e posso immergermi immediatamente nel lavoro, salutando le persone che mano a mano passano a salutare “un altro nuovo” 🙂

Alle 11.50 le tre persone che avevo nelle scrivanie vicine si sono alzate e mi hanno chiesto “vieni con noi a pranzo”? Io, malgrado stessi praticamente ancora finendo la colazione, ho accettato e ho seguito i colleghi. Siamo usciti dal palazzo e siamo entrati in una piccola COOP in mezzo a un parchetto. Mentre un po impacciato crecavo di prendere tempo, osservavo i miei colleghi: c’è chi ha preso pomodori e verdura freschi, chi una confezione di cose vagamente imparentate con cotolette impanate e, per buona misura, una confezione di lasagne surgelate, e chi ha aggiunto al proprio cestino una vaschetta simil-gelato da chilo di “insalata di patate”, presa da uno scaffale pieno di almeno una dozzina di varianti.

Io per stare sul prudente ho preso un panino, dei pomodori e dell’arrosto di tacchino, curioso di vedere cosa sarebbe successo poi.

Siamo tornati in ufficio e abbiamo raggiunto gli altri in una delle cucine: contemporaneamente, ma ordinatamente, ciascuno ha lavato / affettato / disimballato le proprie provviste, qualcuno ha preso posate e bicchieri dagli armadi ed ha apparecchiato tavola per gli altri, mentre i forni a microonde ronzavano.

Ciascuno con il proprio pasto ci siamo seduti intorno al tavolo a chiacchierare (8 in tutto), fra l’altro molto educatamente in Inglese, in modo che anche io potessi capire, e senza che l’avessi chiesto.

Alla fine del pasto ciascuno ha sciacquato le proprie stoviglie e le ha riposte nella lavastoiviglie, mentre gli avanzi finivano in frigo. Come una collegha mi mostrava, nessuna etichetta, nessuna “settorializzazione” degli spazi: semplicemente ricordati quello che metti dentro, e di tirarlo fuori prima che vada a male 🙂

Nell’armadio sotto gli snacks ci sono barrette proteiche e/o energetiche, (“qui sono affissi i prezzi, lascia il denaro qui in questa ciotola se prendi qualcosa”, e un mestolo con un paio di chiavi. Interpellata in proposito la collega ha preso il mestolo e mi ha condotto fuori in strada al piano terra, dove le chiavi aprono una porta su una palestra privata dell’azienda: ci sono macchine, pesi, panche, una ciclette ed un paio di docce, tutto a disposizione di chi volesse utilizzarle, ovviamente gratuitamente. Lo scopo del mestolo… è di evitare di portarsi a casa le chiavi 🙂

Incluso il paio di giri turistici, il pranzo è durato fino alle 12:40, orario in cui a Modena di solito l’idea del pranzo doveva ancora concretizzarsi in un pensiero cosciente!

Rimesso all’opera, mi sono concentrato sul mio compito, fino a che, alle 5.20, un collega mi ha chiesto: “tu hai le chiavi per chiudere? Giornata lunga per essere il primo giorno, eh?” – mi sono girato, e … magia: le luci spente, i PC spenti… eravamo rimasti in due, gli altri erano tutti via!

Ho fatto in tempo a tornare a casa, rilassarmi prima di cena, preparare, e alle otto avevo già lavato i piatti! Credo che dovrò mettere un attimo a punto i miei ritmi, ma non sembra proprio un cattivo andare 🙂