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Il bello di leggere blog di persone che si sono spostate a vivere a Stoccolma è che si possono fare confronti su quello che ciascuno nota, e con che spirito si vivono le stesse esperienze. Leggendo un post di “Hairy Swede”, colui che scrive su “A Swedish american in Sweden”, ho avuto la sensazione che descrivesse la mia mattina invernale tipo. Lo riporto, tradotto a vantaggio di chi non conosce l’inglese; per completare il quadro dovreste vedere le nuvolette di fiato che svaniscono nell’aria, e lo scricchiolio della neve sotto le scarpe:
“Sono caduto in una certa routine, qui in Svezia. Una routine svedese. E non me ne ero nemmeno acorto, fino a stamattina.
Mi sono ritrovato in attesa dell’autobus. E con “in attesa” intendo nella mio posto lungo la fila. Una fila molto ordinata. Mi sono voltato ad osservare la fila alle mie spalle e ho visto almeno 20 persone fare la stessa identica cosa. Cuffiette nelle orecchie. Teste sprofondate nei giornali. Non una parola pronunciata. Ma probabilmente la più bella fila in cui sia mai stato dal tempo delle scuole elementari, dove allinearsi adeguatamente prima di pranzo comportava battere sul tempo le altre classi, lungo il percorso verso la mensa.
Mentre ognuno sta in coda, completamente assorbito dai suoi giornali o iPod, volge lo sguardo nella direzione da cui l’autobus dovrebbe arrivare. Come se guardare potesse farlo arrivare più in fretta. Quando l’autobus finalmente accosta, c’è un breve fruscio di giornali, un lieve fruscio mentre tutti si preparano a salire. E in quel momento l’autista fa una cosa che non ha mai smesso di meravigliarmi. Accosta un mezzo di una dimensione dannatamente simile a quella del mio appartamento a pochi centimetri dal marciapiede. Non colpisce il marciapiede. Questa manovra potrebbe uccidere qualcuno. Non lascia un grosso spazio fra gli scalini ed il marciapiede. Farlo potrebbe rivelarsi una catastrofe per le signore anziane alle quali io inevitabilmente mi ritrovo in coda. Accosta vicinissimo al marciapiede. Come se fosse la cosa più semplice del mondo. Io faccio fatica a far entrare la Saab in un parcheggio senza segnare la macchina vicina a me.
La Svezia ha di gran lunga la più ordinata folla da trasporto pubblico che abbia mai visto. Credo abbia a che fare con gli onnipresente sistemi “elimina-code” che si trovano nelle banche di tutto il paese. Prendi un numerino e aspetta. E’ diventata una tale abitudine aspettare coscienziosamente il proprio turno nell’esatto ordine di arrivo che si è estesa ai trasporti pubblici. E questa mattina non faceva eccezione.
E’ tutto molto equo. Non c’è un gioco delle posizioni quando l’autobus accosta. Hai già affermato il tuo diritto alla posizione che occupi. Stai solo in fila silenziosamente e accetta il tuo posto nella vita.
E’ stato incredibile. Incredibile che ciascuno silenziosamente si allinea per salire sull’autobus. E l’ho fatto anche io. Incredibile che nessuno parli. E nemmeno io lo stavo facendo. Incredibile che la’autista possa pilotare l’autobus in quel modo. E io non ci riuscirei.
Per qualche ragione è sembrato tutto molto Svedese. La fila. Il silenzio. La neve. La luce del giorno che si diffondeva lentamente. E’ stato un vero momento simbolo di una mattina d’inverno Svedese durante l’orario di punta dei pendolari. Mi ci sono completamente immerso. E’ stato glorioso, in uno strano modo.
Non ho potuto trattenere un sorriso di cuore. Fra me e me, ovviamente. C’erano altre persone, in giro. E questa è la Svezia.”
Versione originale: A Swedish Bus Routine