Cartolina da Husby


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Quella che segue è una lunga lettera pubblicata sul quotidiano Aftonbladet (pubblicata in “Cultura” e non in “Cronaca”), scritta da un esponente dell’associazione Megafonen, un gruppo di uno dei quartieri protagonisti dei fatti di questi giorni. Ringrazio moltissimo la mia amica Marta per la traduzione, il suo svedese è decisamente più disinvolto del mio 🙂

Non vuole assolutamente essere un appoggio o una giustificazione a quello che succede (altre auto e edifici pubblici sono stati dati alle fiamme questa notte), ma se si vuole fare qualcosa, o anche farsi solo un’opinione, bisogna prima di tutto capire. Al di la delle idee o dei sentimenti, le situazioni raccontate sono purtroppo la realtà. E purtroppo, una realtà che trascende i confini nazionali, ed è una vera crisi d’identità della nostra civiltà:

Scriviamo prima di tutto ai nostri fratelli e sorelle di Megafonen (e’ l’associazione di giovani di Husby gemella di Pantrarna) Recentemente, abbiamo parlato con voi al telefono e mentre parlavamo vi siete interrotti a metà frase dicendo: “C’e’ una macchina che brucia, dobbiamo scappare.”

Siete nell’occhio del ciclone . Il vostro mondo è in fiamme. E noi vi scriviamo per dirvi che sappiamo che cosa state attraversando, e che vi ammiriamo per come avete gestito gli avvenimenti degli ultimi giorni.

Qualche anno fa le auto bruciavano a Biskopsgården (quartiere di Göteborg) La polizia ha fatto quello che voleva durante quelle notti, e quando arrivò il mattino, i politici,  hanno detto quello che gli pareva su di noi.

Relitti anneriti, pezzi di vetro in strada: e’ così facile giudicare quando si guarda da fuori.

Ed e’ questo che esigono da voi quando cercate di dire qualcosa a proposito della rivolta, non vogliono che voi spieghiate le ragioni ma solo che confermiate il coro di condanna, il coro che dice che è imperdonabile dare fuoco ad una macchina, spaccare una finestra.  Ma qualunque cosa possiate dire, non sarà mai abbastanza.

Non sarete mai in grado di dire e scrivere quello che già  e’ stato chiaramente scritto e detto: che voi non credete che la violenza sia il metodo giusto per cambiare la società.

Fate bene quando, nei talk show, nei programmi di dibattito e in rete insistete a cercare di spiegare perché si incendia piuttosto che limitarvi soltanto a condannare i giovani.  Quelli che condannano e giudicano un fatto senza spiegarne i motivi  condannano e giudicano anche i sentimenti e le esperienze che hanno portato a questi avvenimenti.

Scriviamo anche a te che guardi a questi eventi dal di fuori per chiedere: riesci a capire perche’ una mano lancia una pietra ad una macchina della polizia? Puoi cercare di capire?

Immagina di essere un bambino vittima di bullismo, preso in giro per il tuo accento, per il tuo aspetto esteriore. Non proveresti una sensazione di emarginazione?

Avere insegnati incapaci seduti dietro la loro cattedra solo per guadagnare uno stipendio. Cominci a fumare quando cominci la scuola media per darti importanza. Diventi amico solo di persone che sopravvivono come te.   Vieni formato da cio’ che vedi.

E ‘difficile essere forti se non ci sono dei modelli a cui ispirarsi attorno a te.  Probabilmente non hai un bel rapporto con la tua famiglia. Forse hai perso tua madre o tuo padre durante la guerra in Iraq. Oppure hai perso i tuoi fratelli durante la guerra in Afghanistan o uno di loro e’ rimasto ferito in Palestina.

Nessuno ti ascolta durante la tua adolescenza. Non hai nessuno a cui rivolgerti. Cerchi di crearti una vita, ma non trovi niente di meglio da fare.  Cerchi lavoro, ma Daniel Svensson ottiene sempre il lavoro prima di te, ogni fottuta volta.  Si perde la speranza.  Si cercano altre vie d’uscita.  Alcuni imboccano la strada sbagliata, altri sopravvivono.

Molti dicono che dovresti lottare per te stesso, ma non è così facile. Grisarna hänger över din axel (e’ un espressione idiomatica non molto traducibile, potrebbe tradursi come  sei giudicato a prescindere) ogni giorno.  La speranza di sopravvivere scompare. Droghe attorno a te. La tentazione di fa prudere le mani. Vuoi provare o fare un passo indietro? La pressione del gruppo aumenta, sei spinto a fare cose che non avresti mai fatto da solo.  Senti che non c’e un futuro per te. Te ne stai lì con una pietra in mano.  Te ne stai lì con la tua vita in mano. Che fai la lanci?

Megafonen. Noi pensiamo abbiate ragione a chiamare gli eventi di questa settimana nel vostro quartiere ‘rivolta della periferia’. Noi crediamo che sia giusto sottolineare che non si tratta di rivolte giovanili o di una sommossa apolitica ma di una ribellione, una reazione, come avete scritto nel vostro ultimo comunicato stampa: “disoccupazione, scuole scadenti e razzismo strutturale sono le cause alla base di ciò che sta accadendo oggi. ”

Quando il vostro coraggio vacillera’, ponete questa domanda: se non ci fossi stato tu, cosa sarebbe accaduto questa settimana? Forse un pensionato sarebbe stato colpito a morte in un appartamento di periferia senza che nessuno se ne interessasse. Forse.  Se qualcuno non avesse fotografato  il corpo che veniva portato via nel cuore della notte, malgrado il fatto che la polizia avesse affermato che l’uomo era morto in ospedale alcune ore prima – forse nessuno si sarebbe interessato, e tutto sarebbe continuato come al solito.

Ma è giusto interessarsi quando qualcuno muore. Esigere che la polizia non menta ai media a proposito di un cadavere e’ un diritto.

Avete fatto bene ad organizzare la manifestazione, che ora viene definita la scintilla che ha acceso la rivolta nelle periferie.

Chiedetevi questo: cosa accomuna Hässelby e Fittja –ci sono incendi anche li in queste notti d’estate – uomo che è stato ucciso in un appartamento a Husby? Niente, forse. Che collegamento avete voi di Megafonen con l’uomo morto? Non c’è amicizia, non ci sono legami familiari. Ma vi è un legame umano. Noi ci consoliamo l’un l’altro quando qualcuno muore. Siamo solidali.

Viviamo insieme nella società.

Vi sosteniamo in ogni modo. Sappiamo cosa si prova nella vostra posizione, quando dovete cercare di spiegare piuttosto che condannare.

Ad Hammarkullen a volte in piazza ci sono i cavalli della polizia. A Biskopsgården le telecamere filmano quello che succede nei cortili delle case.  A Frölunda, dicono i rapporti di questa sera, c’e’ aria di agitazione – chiamate e sms che sussurranno che la rivolta potrebbe allargarsi a Göteborg, dove lottiamo con gli stessi problemi che avete voi a Stoccolma: militarizzazione delle periferie, maltrattamenti della polizia, tagli alle strutture sociali.  L’estate sta arrivando, anche quest’ anno. I motorini ronzano tra le case.  Le periferie trabboccano sempre di queste sensazioni. Sapete. La ‘sensazione’. Che nessuno ascolta, nessuno vuole sentire le storie di poliziotti razzisti, dei maltrattamenti, delle aggressioni gratuite (della polizia). Forse c’e’ bisogno di incendiare perche’ qualcuno ascolti certe voci.

Adesso brucia. Ed eccoci qui, insieme. Pantrarna e Megafonen.

Se non ci fossimo noi, chi si sarebbe assunto la responsabilità di cercare di capire le ombre che si muovono sulle nostre strade con le pietre in mano?

Queste ombre sono nate in ospedali svedesi, sono state registrate presso le autorità fiscali svedesi, hanno frequentato scuole svedesi e trascorso i pomeriggi nei fritidsgård  (doposcuola svedesi) e vogliono lavorare in questo paese e pagare le tasse e morire qui. Ma il nostro primo ministro li puo’ ancora una volta trasformare in stranieri quando afferma che le loro azioni sono il risultato dell’esistenza di “differenze (ostacoli) culturali” – come voi di Megafonen sapete, è questa l’unica spiegazione che ha dato della rivolta nelle periferie: che si tratta di giovani arrabbiati che devono superare certe differenze culturali e inserirsi nella società.

Non ci prendiamo neppure la briga di far notare a qualcuno quanto banale e razzista sia questa affermazione.

Le ombre si muovono nel paese.

Per tutti i politici svedesi invece diciamo questo, voi siete stati eletti dal popolo. Il popolo siamo noi tutti, insieme.

La polizia abusa del suo potere e considera noi che non abbimo un’uniforme come spazzatura. È per questo che noi li chiamiamo maiali. Semplice. Siamo stanchi di sentire i politici dire solo cose che non significano nulla. Agire invece di parlare. Fare cose utili alla societa’. Istituire un organo speciale che indaghi sulle azioni della polizia.

Siete  voi che avete il potere in mano, quindi fate  qualcosa per aiutare le persone che vi hanno eletto non solo per stare li seduti a guadagnare milioni.  Gli stipendi di merda che vengono pagati agli insegnati gli fanno perdere la speranza. Si siedono dietro la cattedra e se ne fregano. Causa ed effetto. Se vi ostinate a ridurre ogni questione politica ad una questione di polizia, non ci resta che iniziare ad eleggere i poliziotti invece dei politici.

Ancora una volta una parte della societa’ è morta in quell’appartamento a Husby.

Ecco perché si incendia.

Ma questo gia’ lo sapete.

Infine. Per tutti quelli che sono cresciuti in periferia.

Siete tutti nostri fratelli.  State calmi. I media ovviamente smetteranno di parlare dei nostri quartieri quando tutto si sara’ calmato . Prenderanno armi e bagagli e spariranno per questa volta. Non vogliono sentire le vostre voci che parlano di violenza della polizia, di pessime scuole, di case che hanno bisogno di essere rinnovate, di centri per il tempo libero chiusi, di discriminazione. Vogliono vedere macchine in fiamme, finestre rotte.  Così, quando la rivolta sara’  finita per questa volta, dovrete continuare a riferire sulle vostre vite da soli.

I media parleranno male dei vostri quartieri e scriveranno cose inesatte.

Esigete che le correggano.

C’è una cosa che possiamo imparare. Le nostre voci  contano. Dobbiamo parlare, comunicare anche se nessuno ascolta.

Quelli di SD (Sverige Demokraterna) magari otterranno qualche voto in più alle prossime elezioni, ma non tacete mai. Noi non staremo in silenzio, noi parleremo, insieme.

Se vi cuciono insieme le labbra, scucite i punti con le vostre voci.

Le nostre tasche sono povere, ma i nostri occhi sono ricchi.

Tutto il potere al popolo.

 

 

La rivolta di Husby

Fonte: The Local, http://www.thelocal.se/48078/20130523/

Fonte: The Local, http://www.thelocal.se/48078/20130523/

Articolo aggiornato il 24/5 alle 10:00

troubles in paradise“, dicono ironicamente gli inglesi.

Nella notte di sabato scorso sono scoppiati disordini nel quartiere di Husby, vicino a dove abito io, e nei giorni successivi si sono estesi ad altre aree della città.

Con il perdurare dei fatti, la notizia ha cominciato a diffondersi fino ad arrivare a giornali e telegiornali italiani, molte persone mi hanno chiesto se stessi bene, se fossi a rischio e che cosa stesse realmente succedendo in città. La cosa è molto più semplice di quanto sembri, ed allo stesso tempo molto più complicata. Ma forse è meglio cominciare dalla storia e dall’attuale stato delle cose.

La settimana scorsa la polizia è stata chiamata perchè un signore di 69 anni, di nazionalità ancora non dichiarata sui giornali, aveva cominciato a dare di matto in un’appartamento, brandendo un grosso coltello. I poliziotti giunti sul posto sono stati insultati e minacciati di morte dal tizio, dal balcone del suo appartamento, ma la situazione sembrava grossomodo sotto controllo, fino a che non si è saputo che in casa c’era anche una donna. Per recuperarla è stata fatta irruzione nella casa, è stata usata una granata flash-bang per stordire il tizio, ma non è bastato e pare che abbia attaccato i poliziotti, che gli hanno sparato ferendolo gravemente. La donna è stata portata in salvo, il tizio è morto poco dopo in ospedale.

Questa reazione è stata giudicata violenta, spiega un insolitamente ben equilibrato articolo di Repubblica, dagli abitanti del quartiere, che avrebbero iniziato a protestare e generato così una rivolta.

Aggiornamento 24/5: L’uomo era  di nazionalità Finlandese. Le reazioni all’operato della polizia pare siano scaurite dallo spiegamento di forze e dalla dichiarazione che l’uomo fosse morto in ospedale quando invece è stato portato via e fotografato già morto sul luogo dello scontro. Ora la mia opinione è che possa essere una questione di legittimi punti di vista: probabilmente l’uomo è stato dichiarato morto in ospedale. Ma una popolazione che vive sotto la pressione della Polizia può vedere tutto come un atto di forza e un tentativo di copertura. Molto interessante un’articolo postato da una mia amica, che merita una traduzione migliore di quanto possa fare Google Translate: http://www.aftonbladet.se/kultur/article16832905.ab

E qui la realtà comincia a divergere da quella che potrebbe essere l’impressione che ci si può fare dai giornali. Non si tratterrebbe di un’insurrezione popolare, ma dell’impeto vandalistico e di protesta di qualche decina di giovani, principalmente intorno ai 18 anni. Questi giovani di danni ne hanno fatti eccome, dando fuoco a un centinaio di auto (!) e spaccando vetrine, nonchè appiccando fuoco anche a stazioni di polizia, e tirando sassi a pompieri e ambulanze accorse sul luogo.

L’ondata di disordine si è allargata in breve tempo ad altri quartieri, atti vandalici molto seri si sono susseguiti anche nelle notti successive ai confinanti Rinkeby, Hjulsta, Tensta, Kista, e poi anche in altre zone della città, Skarkpnäck, Jakobsberg, Älvjö, una quindicina in tutto. I fuochi che hanno richiesto l’intervento dei pompieri sono circa un’ottantina in tutto.

Fonte: The Local http://www.thelocal.se/48096/20130523/

Fonte: The Local http://www.thelocal.se/48096/20130523/

Non riesco bene a spiegare come vorrei: la gente è allarmata e i danni sono ingenti, ma non si tratta di una guerra quartiere per quartiere o di una intifada di interi quartieri in rivolta, ma di una specie di “euforia da vandalismo” che si è diffusa fra i ragazzi dei quartieri a più alto tasso d’immigrazione. Non si rischia la vita, non ci sono bande armate che si scontrano per le vie, la notte non è illuminata dal rosso dei roghi, non c’è un coro costante di sirene, e non ci sono file di celerini in tenuta antisommossa a sbarrare le strade. D’altro canto persone e comunità hanno subito danni, c’è stata una manciata di arresti, e certamente la gente si sente attaccata nella sua tranquillità quotidiana. I primi ad esprimere disagio sono proprio gli abitanti dei quartieri, perché non condividono questi gesti di (relativamente) pochi, e non sono certo felici del riflesso che queste azioni può avere sulla loro immagine e condizione di immigrati. Contro manifestazioni pacifiche di dissociazione si sono tenute alla luce del giorno.

Per dire, già anche io mi sento a disagio, sebbene non viva in nessuna a zona a rischio e possa definirmi decisamente un “immigrato di lusso”. E ha fatto un certo effetto sentire nella stazione della metropolitana che gli autobus notturni per Tensta, Husby e Rinkeby sono stati sospesi per “disordini”.

Startsida – AB Storstockholms Lokaltrafik

Insomma non voglio nè minimizzare ne ingigantire, ma vorrei dare una reale dimensione di quello che sta succedendo.

Il problema è molto più complesso di quello che possa sembrare. In questi quartieri, è vero, il tasso di immigrazione arriva all’80%. Ed è anche vero che non sono considerati “bei quartieri” dagli stoccolmesi, i prezzi sono più bassi e l’edilizia è molto funzionale. Ma, e chi li ha visti se ne è reso conto facilmente (cavolo, basta anche usare Google Street View), non si tratta di ghetti invivibili, con case in rovine e sovraaffollate, e rifiuti per le strade. Sono quartieri con il loro centro civico, la biblioteca, il verde, i servizi. La scuola di Rinkeby è anche stata indicata come modello in una vecchia puntata televisiva di una trasmissione italiana. E non mi è mai capitato di sentirmi a disagio paseggiandovi sia di giorno che di notte.

Aggiornamento 24/5 ore 10:00: mi riportano che il quartiere di Tensta è uno dei peggiori in assoluto, con condizioni… diciamo meno che idilliache. E le notizie girano, sono riportati eventi in varie parti della città e non sempre la gente che ci abita ha notato qualcosa. D’altro canto, piccole cose qua e la sono vandalizzate, e fa impressione perchè fanno parte della quotidianità, come un baretto sul lago a Södermalm. Le macchine e le pareti bruciate certo fanno impressione.

Ma allora il problema qual’è? Io ho una vaga idea, e posso provare a comunicarvela: è il modello di integrazione Svedese che ha qualche cosa che non va, anche se non ho esattamente idea di cosa. Lo stato sociale ha puntato davvero tanto sull’integrazione, attirandosi anche le antipatie della popolazione più nazionalista e populista (un po i nostri leghisti, per fare un paragone). Sussidi, assistenza sociale, risorse devolute a scuole e formazione, corsi di linga gratuiti, sono tutte azioni che lo Stato ha intrapreso per costruire una “rete di solidarietà” attorno agli immigrati. E queste cose portano il loro frutto, i livelli normali di criminalità (ordinaria) sono bassi, la scolarizzazione è alta.

Ma credo che queste cose da sole non siano sufficienti, come per esempio non è sufficiente per un genitore sempre fuori casa per lavoro comperare giocattoli, cibo e vestiti per un figlio che non vedono quasi mai.

Più volte parlando dell’argomento io ho ribadito che, sebbene sia estremamente facile convivere, è molto difficile integrarsi, “fondersi” con la società. Io probabilmente non lo potrò mai fare, forse servirà almeno una generazione in più. Uso spesso la metafora di goccioline d’olio sospese nell’acqua, possono essere ben mescolate ma non saranno mai un tutt’uno.

Io stesso non so bene se per necessità, per inevitablità o per pigrizia, ho tessuto la mia rete sociale principalmente con italiani che vivono qua, perchè è più facile condividere idee, gusti, modi di concepire il mondo che ci circonda. E comunque la mia “rete” italiana è fatta di persone che lavorano nel terziario, o nella ricerca, o in istituti sovranazionali, di cultura alta.

Non è difficile immaginare cosa voglia dire essere un ragazzo sedicenne del Sudan o della Somalia. Avere cibo, e istruzione e una casa dignitosa, ma trovarsi in un certo senso isolato in una terra di nessuno, essere nato e cresciuto Svedese in una comunità che per storia, convenienza, aggregazione si trova in una parte remota della città, e che più si stringe alla propria comunità per sentirsi accettato e riconosciuto più si stacca dalla… svedesità. Trovare lavoro è più difficile, cresce la frustrazione.

La noia, una buona fetta della stupiditàdi chiunque guardi il mondo con gli occhi di un diciottenne (diciottenni non me ne vogliate, lo sono stato anche io, sia diciottenne sia stupido), questo senso di “buonismo” della società che non ti punisce mai veramente, che provvede ai tuoi bisogni ma non ti fa sentire accettato, quel misto di euforicità e di noia dei gruppi di coetanei, tutte queste cose possono spingere a gesta gravi, inutili e controproducenti come quelle di questi giorni.

Pompieri e Polizia sono visti ed attaccati come simboli dello stato, e più vengono attaccati più frange dell’altra estremità sociale hanno buon gioco ad indicare queste persone come pericolose e dannose, e supportano teorie razziste. Poliziotti (alcuni) che considerano feccia queste persone, e le insultano con epiteti razzisti, dal loro punto di vista ben meritati.

Come se ne esce? Cosa cambiare? Onestamente non lo so. Leggo alcune cose sui giornali, il ministro per l’integrazione ha ribadito che non é una lotta dei giovani contro la Nazione, in un’intervista molto ferma ma anche molto pacata. Un pompiere di una caserma vandalizzata che ribadisce che continuerà a lavorare a a cercare di aiutare chiunque ne abbia bisogno e diventa Svedese della settimana, un ex poliziotto razzista che, ravveduto, si dedica ad identificare e riportare gli abusi della polizia, sono tutte cose che mi sembrano passi nella giusta direzione,  anche se non risolutivi. Forse un’atteggiamento diverso della stampa.

In generale, mi pare che si cerchi di parlare di come risolvere il problema, di cosa poter fare di più e meglio, e non di cercare di “fare notizia” e di buttare benzina sul fuoco, o risolvere il problema alla radice ignorando che l’immigrazione è inevitabile e fino necessaria. Queste sono cose a mio avviso giuste, anche se non so quanto efficaci. Certo ci vorranno anni, anni, probabilmente generazioni, e penso a tutti i nuovi Svedesi che sono nati con una parte italiana, giapponese, thailandese, americana. Spero che la soluzione sia quella.

Su Facebook si è articolata una discussioncina piuttosto interessante, vi consiglio di leggere anche i commenti qui sotto.

E finalmente arriva primavera

Non avevo previsto che, essendomi trasferito, avrei dovuto imparare di nuovo i corsi e i ricorsi del tempo, un diverso rintocco dei mesi e delle stagioni.

Così anche quest’anno sono tornati i segni della primavera, o meglio dell’imminente estate. Mi sto riferendo ai fiori di ciliegio a Kungsträdgården (e al sempre troppo tenue profumo di fiori nell’aria) e anche al kosläpp, ovvero la “liberazione” delle mucche dalla lunga permanenza invernale nella stalla, notizia questa che si guadagna due pagine piene del sonnacchioso giornale di Vallentuna, inclusa la prima pagina. Dato che le parole rimangono grossomodo le stesse, lascio spazio a qualche immagine qui sotto. Confrontandola con le foto dell’anno scorso, un inverno più lungo e freddo del solito sta lasciando spazio a una bella primavera calda e soleggiata, con giornali che avvisano dell’imminente ondata torrida, si parla persino di punte di 30°. Ma stasera, passeggiando in un parco di Stumpan, ho visto in una zona d’ombra un bel mucchio di neve che opponeva strenua resistenza all’estate! Le giornate intanto si allungano a dismisura, con un bel tramonto ancora ben visibile alle 21:30…

Parelio

Scusate se torno a parlare dei pareli, ma oggi in una giornata non propriamente fredda, e soleggiata, mi è capitato di osservarne di nuovo un paio.

Erano abbastanza tenui ed è probabile che non in molti vi abbiano fatto caso, ma nelle foto quello di sinistra si vede piuttosto bene, quello di sinistra c’è stato per pochissimo tempo perchè in quella zona del cielo non c’erano nuvole, e quelle che passavano sono state spazzate via dal vento in pochi secondi. Ecco comunque un paio di scatti di questi “finti soli”. Interessante il fatto che il parelio generi un evidente riflesso sull’acqua, al contrario delle nuvole!

Parelio sopra Gamla Stan

Parelio sopra Gamla Stan

Dettaglio

Dettaglio

 

 

Valborg 2013

Una cosa fatta una volta è un’esperienza, una fatta due volte una ripetizione, fatta tre volte diventa una tradizione. Così anche quest’anno si è celebrata Valborg, la notte di Valpurga, di cui avevo raccontato gli anni scorsi, nel 2012 e anche nel 2008.

Quest’anno, complice il clima più mite del solito, la fiaccolata ed il falò mi sono sembrati molto più popolati! Ecco alcune foto:

Il set su Flickr

Il set su Flickr

Spirito Allegro

Momento (auto)promozionale!

I prossimi 1, 2 e 3 Giugno, al teatro “Hjorthagens Medborgarhus” (T-Ropsten, uscita Hjorthagen, Artemisgatan 19), A Stoccolma, sarà messa in scena un adattamento in Italiano della commedia “Spirito Allegro”, di Noël Coward.

Lo spettacolo è recitato, organizzato e prodotto dalla compagnia teatrale amatoriale italiana “Varför inte” (“perchè no“) di cui sono orgogliosamente entrato a far parte quest’anno 🙂

Cose dell’altro mondo! Accorrete numerosi, garantisco risultati eccezionali!

Locandina

 

 

Mamma li Russi (2)

Con l’arrivo della bella stagione a quanto pare anche gli eserciti hanno voglia di uscire e sgranchirsi un po’ le gambe.

Dopo il caso dell’esercitazione al bombardamento di Stoccolma da parte di sei aerei russi, oggi su giornali anche un pò più seri dei tabloid è uscita la notizia che un aereo spia russo sia stato “avvistato” sul baltico mentre sorvegliava un’esercitazione navale della Nato…

(qui un articolo in inglese)

Svenska Dagbladet

Svenska Dagbladet – Courtesy of Märiö Liny