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Quella che segue è una lunga lettera pubblicata sul quotidiano Aftonbladet (pubblicata in “Cultura” e non in “Cronaca”), scritta da un esponente dell’associazione Megafonen, un gruppo di uno dei quartieri protagonisti dei fatti di questi giorni. Ringrazio moltissimo la mia amica Marta per la traduzione, il suo svedese è decisamente più disinvolto del mio 🙂
Non vuole assolutamente essere un appoggio o una giustificazione a quello che succede (altre auto e edifici pubblici sono stati dati alle fiamme questa notte), ma se si vuole fare qualcosa, o anche farsi solo un’opinione, bisogna prima di tutto capire. Al di la delle idee o dei sentimenti, le situazioni raccontate sono purtroppo la realtà. E purtroppo, una realtà che trascende i confini nazionali, ed è una vera crisi d’identità della nostra civiltà:
Scriviamo prima di tutto ai nostri fratelli e sorelle di Megafonen (e’ l’associazione di giovani di Husby gemella di Pantrarna) Recentemente, abbiamo parlato con voi al telefono e mentre parlavamo vi siete interrotti a metà frase dicendo: “C’e’ una macchina che brucia, dobbiamo scappare.”
Siete nell’occhio del ciclone . Il vostro mondo è in fiamme. E noi vi scriviamo per dirvi che sappiamo che cosa state attraversando, e che vi ammiriamo per come avete gestito gli avvenimenti degli ultimi giorni.
Qualche anno fa le auto bruciavano a Biskopsgården (quartiere di Göteborg) La polizia ha fatto quello che voleva durante quelle notti, e quando arrivò il mattino, i politici, hanno detto quello che gli pareva su di noi.
Relitti anneriti, pezzi di vetro in strada: e’ così facile giudicare quando si guarda da fuori.
Ed e’ questo che esigono da voi quando cercate di dire qualcosa a proposito della rivolta, non vogliono che voi spieghiate le ragioni ma solo che confermiate il coro di condanna, il coro che dice che è imperdonabile dare fuoco ad una macchina, spaccare una finestra. Ma qualunque cosa possiate dire, non sarà mai abbastanza.
Non sarete mai in grado di dire e scrivere quello che già e’ stato chiaramente scritto e detto: che voi non credete che la violenza sia il metodo giusto per cambiare la società.
Fate bene quando, nei talk show, nei programmi di dibattito e in rete insistete a cercare di spiegare perché si incendia piuttosto che limitarvi soltanto a condannare i giovani. Quelli che condannano e giudicano un fatto senza spiegarne i motivi condannano e giudicano anche i sentimenti e le esperienze che hanno portato a questi avvenimenti.
Scriviamo anche a te che guardi a questi eventi dal di fuori per chiedere: riesci a capire perche’ una mano lancia una pietra ad una macchina della polizia? Puoi cercare di capire?
Immagina di essere un bambino vittima di bullismo, preso in giro per il tuo accento, per il tuo aspetto esteriore. Non proveresti una sensazione di emarginazione?
Avere insegnati incapaci seduti dietro la loro cattedra solo per guadagnare uno stipendio. Cominci a fumare quando cominci la scuola media per darti importanza. Diventi amico solo di persone che sopravvivono come te. Vieni formato da cio’ che vedi.
E ‘difficile essere forti se non ci sono dei modelli a cui ispirarsi attorno a te. Probabilmente non hai un bel rapporto con la tua famiglia. Forse hai perso tua madre o tuo padre durante la guerra in Iraq. Oppure hai perso i tuoi fratelli durante la guerra in Afghanistan o uno di loro e’ rimasto ferito in Palestina.
Nessuno ti ascolta durante la tua adolescenza. Non hai nessuno a cui rivolgerti. Cerchi di crearti una vita, ma non trovi niente di meglio da fare. Cerchi lavoro, ma Daniel Svensson ottiene sempre il lavoro prima di te, ogni fottuta volta. Si perde la speranza. Si cercano altre vie d’uscita. Alcuni imboccano la strada sbagliata, altri sopravvivono.
Molti dicono che dovresti lottare per te stesso, ma non è così facile. Grisarna hänger över din axel (e’ un espressione idiomatica non molto traducibile, potrebbe tradursi come sei giudicato a prescindere) ogni giorno. La speranza di sopravvivere scompare. Droghe attorno a te. La tentazione di fa prudere le mani. Vuoi provare o fare un passo indietro? La pressione del gruppo aumenta, sei spinto a fare cose che non avresti mai fatto da solo. Senti che non c’e un futuro per te. Te ne stai lì con una pietra in mano. Te ne stai lì con la tua vita in mano. Che fai la lanci?
Megafonen. Noi pensiamo abbiate ragione a chiamare gli eventi di questa settimana nel vostro quartiere ‘rivolta della periferia’. Noi crediamo che sia giusto sottolineare che non si tratta di rivolte giovanili o di una sommossa apolitica ma di una ribellione, una reazione, come avete scritto nel vostro ultimo comunicato stampa: “disoccupazione, scuole scadenti e razzismo strutturale sono le cause alla base di ciò che sta accadendo oggi. ”
Quando il vostro coraggio vacillera’, ponete questa domanda: se non ci fossi stato tu, cosa sarebbe accaduto questa settimana? Forse un pensionato sarebbe stato colpito a morte in un appartamento di periferia senza che nessuno se ne interessasse. Forse. Se qualcuno non avesse fotografato il corpo che veniva portato via nel cuore della notte, malgrado il fatto che la polizia avesse affermato che l’uomo era morto in ospedale alcune ore prima – forse nessuno si sarebbe interessato, e tutto sarebbe continuato come al solito.
Ma è giusto interessarsi quando qualcuno muore. Esigere che la polizia non menta ai media a proposito di un cadavere e’ un diritto.
Avete fatto bene ad organizzare la manifestazione, che ora viene definita la scintilla che ha acceso la rivolta nelle periferie.
Chiedetevi questo: cosa accomuna Hässelby e Fittja –ci sono incendi anche li in queste notti d’estate – uomo che è stato ucciso in un appartamento a Husby? Niente, forse. Che collegamento avete voi di Megafonen con l’uomo morto? Non c’è amicizia, non ci sono legami familiari. Ma vi è un legame umano. Noi ci consoliamo l’un l’altro quando qualcuno muore. Siamo solidali.
Viviamo insieme nella società.
Vi sosteniamo in ogni modo. Sappiamo cosa si prova nella vostra posizione, quando dovete cercare di spiegare piuttosto che condannare.
Ad Hammarkullen a volte in piazza ci sono i cavalli della polizia. A Biskopsgården le telecamere filmano quello che succede nei cortili delle case. A Frölunda, dicono i rapporti di questa sera, c’e’ aria di agitazione – chiamate e sms che sussurranno che la rivolta potrebbe allargarsi a Göteborg, dove lottiamo con gli stessi problemi che avete voi a Stoccolma: militarizzazione delle periferie, maltrattamenti della polizia, tagli alle strutture sociali. L’estate sta arrivando, anche quest’ anno. I motorini ronzano tra le case. Le periferie trabboccano sempre di queste sensazioni. Sapete. La ‘sensazione’. Che nessuno ascolta, nessuno vuole sentire le storie di poliziotti razzisti, dei maltrattamenti, delle aggressioni gratuite (della polizia). Forse c’e’ bisogno di incendiare perche’ qualcuno ascolti certe voci.
Adesso brucia. Ed eccoci qui, insieme. Pantrarna e Megafonen.
Se non ci fossimo noi, chi si sarebbe assunto la responsabilità di cercare di capire le ombre che si muovono sulle nostre strade con le pietre in mano?
Queste ombre sono nate in ospedali svedesi, sono state registrate presso le autorità fiscali svedesi, hanno frequentato scuole svedesi e trascorso i pomeriggi nei fritidsgård (doposcuola svedesi) e vogliono lavorare in questo paese e pagare le tasse e morire qui. Ma il nostro primo ministro li puo’ ancora una volta trasformare in stranieri quando afferma che le loro azioni sono il risultato dell’esistenza di “differenze (ostacoli) culturali” – come voi di Megafonen sapete, è questa l’unica spiegazione che ha dato della rivolta nelle periferie: che si tratta di giovani arrabbiati che devono superare certe differenze culturali e inserirsi nella società.
Non ci prendiamo neppure la briga di far notare a qualcuno quanto banale e razzista sia questa affermazione.
Le ombre si muovono nel paese.
Per tutti i politici svedesi invece diciamo questo, voi siete stati eletti dal popolo. Il popolo siamo noi tutti, insieme.
La polizia abusa del suo potere e considera noi che non abbimo un’uniforme come spazzatura. È per questo che noi li chiamiamo maiali. Semplice. Siamo stanchi di sentire i politici dire solo cose che non significano nulla. Agire invece di parlare. Fare cose utili alla societa’. Istituire un organo speciale che indaghi sulle azioni della polizia.
Siete voi che avete il potere in mano, quindi fate qualcosa per aiutare le persone che vi hanno eletto non solo per stare li seduti a guadagnare milioni. Gli stipendi di merda che vengono pagati agli insegnati gli fanno perdere la speranza. Si siedono dietro la cattedra e se ne fregano. Causa ed effetto. Se vi ostinate a ridurre ogni questione politica ad una questione di polizia, non ci resta che iniziare ad eleggere i poliziotti invece dei politici.
Ancora una volta una parte della societa’ è morta in quell’appartamento a Husby.
Ecco perché si incendia.
Ma questo gia’ lo sapete.
Infine. Per tutti quelli che sono cresciuti in periferia.
Siete tutti nostri fratelli. State calmi. I media ovviamente smetteranno di parlare dei nostri quartieri quando tutto si sara’ calmato . Prenderanno armi e bagagli e spariranno per questa volta. Non vogliono sentire le vostre voci che parlano di violenza della polizia, di pessime scuole, di case che hanno bisogno di essere rinnovate, di centri per il tempo libero chiusi, di discriminazione. Vogliono vedere macchine in fiamme, finestre rotte. Così, quando la rivolta sara’ finita per questa volta, dovrete continuare a riferire sulle vostre vite da soli.
I media parleranno male dei vostri quartieri e scriveranno cose inesatte.
Esigete che le correggano.
C’è una cosa che possiamo imparare. Le nostre voci contano. Dobbiamo parlare, comunicare anche se nessuno ascolta.
Quelli di SD (Sverige Demokraterna) magari otterranno qualche voto in più alle prossime elezioni, ma non tacete mai. Noi non staremo in silenzio, noi parleremo, insieme.
Se vi cuciono insieme le labbra, scucite i punti con le vostre voci.
Le nostre tasche sono povere, ma i nostri occhi sono ricchi.
Tutto il potere al popolo.
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Grazie. La lettera merita di essere letta. Comunque.
Sempre applausi al sig Mauro Boffardi e signorina Marta Mencarini Karlson!
Ps: nn concordo assolutamente con loro….sopratutto mia moglie: cilena immigrata in Svezia nel 1978. C’è chi viene isolato ma c’è chi si isola VOLONTARIAMENTE e si sente perseguitato. Inoltre, cosa c’entrano gli svedesi e la Svezia? Che se la prendano con chi ha bombardato l’Iraq o chi occupa la Palestina. Mi spiego?
Non credo ci sia un motivo migliore di un altro, purtroppo 🙁 se la tua vita “suger”, o provi a cambiarla, se hai fortuna o mezzi o determinazione per farlo, o identifichi una causa e te ne lamenti, una vale l’altra 🙁
Hai ragione Mauro, ma nn possono identificare il problema nella Svezia e gli svedesi. I cileni immigrati negli anni 70 nn pretendevano nulla dalla Svezia e nn l’hanno mai odiata. Gli immigrati di oggi pretendono molto e si lamentano. A caval donato nn si guarda in bocca. La sto facendo molto semplice e me ne scuso.
… io son qui da poco, ma credo alle parole di questa lettera. Sembra essere sincera, onesta. Un urlo disperato di chi, dopo essere stato accolto ed educato, è stato lasciato solo. E la solitudine e l’indifferenza sono ottimi carburanti emotivi. :-/
Tua moglie ha perfettamente ragione Paolo. Anche io mi trovo in disaccordo con molte delle cose scritte nella lettera. E non giustifico il vittimismo strisciante tra le righe di tutta la lettera. Quello che però dobbiamo ammettere è che questo disagio c’è e nessuno pare se ne occupi in modo concreto! Penso che l’emigrazione dei cileni, che pure è avvenuta in una situazione altrettanto tragica, sia avvenuta in altri tempi, in condizioni diverse. Magari mi sbaglio e ti prego di correggermi se fosse così (tua moglie ne sa certamente più di me e soprattutto ha vissuto queste situazioni sulla sua pelle!) ma credo che ora gli immigrati siamo molti di più di allora, proprio come numero, e se a questo aggiungi la crisi economica, che comunque si sente anche qui, arrivi ad un peggioramento notevole delle condizioni. Questo non giustifica nulla ma ti fa pensare che ci sia qualcosa di molto sbagliato nella politica di integrazione.
Poi alzarsi oggi e leggere che gruppi di neonazisti, per fortuna fermati, se ne sono andati in giro a dare la caccia a emigrati ribelli per dargliele, e stanno cercando di organizzarsi per ‘risolvere’ la situazione……
“E ‘difficile essere forti se non ci sono dei modelli a cui ispirarsi attorno a te”… scusate ma cosa dobbiamo dire noi italiani che oltre ad avere disoccupazione, crescita zero e nessun programma per il futuro siamo ANCORA governati da inetti che si preoccupano ANCORA solo di risolvere i guai giudiziari del loro padrone? Patto Stato Mafia, P2, corruzione, collusione, arrivismo ecc. questi sono i modelli imperanti in Italia… e cosa dovremmo fare allora noi persone oneste? Alzarci la mattina e spaccare tutto? Quando c’è un disagio, qualsiasi esso sia, è giusto lottare per combatterlo ma non è certo con la violenza che si ottengono i risultati sperati. Inoltre agire con violenza permette alle autorità di avere il coltello dalla parte del manico diventando parte del loro gioco… ci si fa semplicemente usare! Alle persone che provano disagio in Svezia dico loro di venire ad abitare in Italia… dopo pochi mesi vedranno che “il modello a cui ispirarsi” tornerà ad essere la Svezia senza indugi!
Quoto Paolo.
tante sono le ragioni di quello che sta accadendo, ma io ci vedo alla base una forte influenza culturale tipica soprattutto di alcuni popoli che, scusate se lo dico, in questi aspetti non mi piace per nulla: vittimismo, arroganza, violenza, irriconoscenza, poca predisposizione a contare fino a mille prima di perdere la testa.
Mi piacerebbe davvero prendere uno di questi, scuoterlo per le orecchie e chiederli “ma che cavolo hai da lamentarti?? che minchia vuoi di più???”
Hai cittadinanza, hai diritto di voto, hai diritto di protestare in Sergels Torg e dire quello che vuoi, hai tutti i sussidi che il resto del mondo si sogna, hai l’università gratis se hai voglia di studiare, e la lista potrebbe durare 2 giorni….
Forse, le cose di cui ti lamenti (non avere amici svedesi, non avere i posti migliori, essere guardato storto dalla polizia(tutto da dimostrare poi)) non è perchè sei straniero, ma forse perchè la tua arroganza, violenza, vittimismo, ecc fa sì che sia così.
E pensi forse di risolvere questi problemi ed essere più accettato usando arroganza e violenza? Bravo, hai capito tutto……..complimenti.
Non esiste altro posto al mondo che dia a un immigrato o suo figlio tutto questo. non esiste posto al mondo dove uno arriva e si trova a poter concorrere per i migliori posti. Ci vuole tempo, forse anche qualche generazione di mezzo, e determinazione.
Speri invece di ottenerlo subito bruciando qualche macchina? Coglione.
sai cosa c’è? come giustamente hai pensato, alle prossime elezioni ci saranno ancora più voti per la destra. Con buona pace della integrazione, e a discapito anche degli altri immigrati che non sono così teste di minchia….
ok, ieri ho detto che io li darei un calcio e fuori dalle scatole. mauro mi ha consigliato di leggere questa lettera poichè la cosa non era così semplice. ora che l’ho letta mi permetto di dire, e spero di non essere censurato: un calcio in culo e fuori dai colglioni!! stiamo scherzando? ingrati! li rimanderei in afganisthan sotto le bombe, è ciò che si meritano. hanno uno stato che li ha accolti ha dato loro sussidi ed istruzione gratuita. sono di seconda generazione? fuori lo stesso o in galera a spaccare pietre. scusata ma quando ci vuole ci vuole. capisco anche i cittadini che vogliono farsi giustizia da soli. la polizia è anche troppo buona a mio parere. questa è ingratitudine vergognosa allo stato puro, inorridisco a leggere questa lettera. tutti hanno difficoltà nella vita, li inviterei ad essere italiani in italia ocn uno stato estorsore che ha le tasse più alte del mondo e servizi da terzo mondo. vorrei vederli qui (da italiani). ma che hanno da lamentarsi? che vogliono ancora? se non gli hanno sparato ancora ad altezza d’uomo vuole dire che la polizia è fin troppo buona con loro. altrochè abusi…
mi spiace ma ste cose mi mandano in bestia.
Fa un po’ specie leggere certe cose, considerato che sediamo tutti su sedie piuttosto comode. Non che sia tutto sbagliato a prescindere, ma la lettura che molti fanno (anche parecchi miei conoscenti svedesi) è viziata da una prospettiva tutto sommato privilegiata. E, nel caso non lo fosse, da una incapacità di immedesimarsi nelle persone coinvolte. Non perché non si voglia farlo, ma perché parliamo di situazioni talmente lontane dalla nostra da essere a noi davvero incomprensibili. Non mi risulta che qualcuno qui sia cresciuto o abiti a Husby, Tensta, Rinkeby, Fittja, Rosengård a Malmö e via dicendo. E nemmeno che ci lavori tutti i giorni.
Interessante leggere su DN oggi sei voci diverse. Conto nel weekend di tradurre e postare.
davide, ricorda che la svezia poteva anche non accogliere le suddette persone (o il loro genitori) e dire loro “arrangiatevi” e cacciarli subito. per me sono ingrati e si autocommiserano, in questa lettera. se stanno tanto male, che se ne vadano, sono sicuro che l’iraq non li respingerebbe.
Davide, cosa c’è di così spiacevole nel vivere a Husby o Tensta? cosa di particolarmente umiliante e inumano? Cosa hanno Hjulsta e Fittja di peggiore rispetto a Beirut, Damasco, Baghdad o Mogadiscio? (A parte il clima, ovviamente ;-P )
Una lettera simile potrebbe essere scritta da chi vive nel quartiere scampia di napoli…navile di bologna…porta palazzo a torino…e così via. E scritto da italiani, non da immigrati. Quello che trovo imbarazzante è che qui non si incazzano. Non bruciano nemmeno auto, non fanno sassaiole… Anzi, mi sbaglio scusate. Quando la fanno è perché la squadra di calcio ha perso. Imbarazzo è proprio quello che sento.
Fuori tutti a pedate nel sedere, altro che welfare – pelandroni, arroganti, irrispettosi e ingrati!
Quello che manca qua è la voglia di lavorare e di cambiare atteggiamento. A parte che si rifiutano di parlare svedese e questa cosa è assurda dato che in ogni Paese che vai devi imparare la lingua se vuoi fare parte della società.
L’altro giorno in metropolitana – stazione Ropsten – il conducente ha dovuto far scendere i passeggeri per questioni tecniche dato che il medio-orientale di turno, cercando di infilarsi nel treno che stava per partire, ha forzato la porta pensando di fare il furbo.
Sistema messo a soqquadro e da controllare senza passeggeri sopra per motivi di sicurezza. Nulla di che, in 5 minuti tutto era di nuovo a posto. Invece no, dopo che siamo scesi, il tizio si è permesso di urlare a 2 cm dal viso del conducente per il solo fatto che si era permesso di dirci perché bisognava scendere dal treno. No, il tipo ha continuato ad urlare e agitarsi.
Il conducente, di origini sudamericane, è rimasto impassibile, comportandosi in maniera eccellente.
Questi non ce l’hanno solo con gli svedesi, ma con chiunque non sia della loro religione. Husby è la punta dell’iceberg di un problema che ci siamo creati in Europa per sciocchi sensi di colpa post-coloniali. Bastava studiare un po’ di Storia invece di sentirsi i paladini dei diritti umani.
Ad majora
Ma le porte della metropolitana le forzano solo i “mediorientali”? Come già detto, non si parla di stranieri, bensì di cittadini svedesi. Sarà un caso che nei quartieri più caldi i risultati scolastici siano molto bassi? O che tra i nuovi iscritti ad Arbetsförmedligen la quota di immigrati di prima o seconda generazione sia sproporzionata alla popolazione? Oppure che molte delle rivolte abbiano luogo in quartieri degradati e dove lo stato e i servizi sono pian piano spariti?
Con questo non intendo dare la colpa al sistema. Le responsabilità sono dello stato, dei cittadini, delle famiglie e dei singoli individui. Ma proprio perché sono così tante le parti coinvolte non si possono dare risposte facili (religione, provenienza).
Che Alwx si premuri di indicarci le presunte origini dei protagonisiti di un episodio evidenzia la lettura, tutta italiana, dei fatti in base a dettagli che non hanno rilevanza. Chi ha bloccato le porte e il conducente erano, con ogni probabilità, cittadini svedesi.
Ancora non riesco a crederci.
E sai che mi sto occupando di periferie europee…
“Grisarna hänger över din axel dagligen” secondo me vuol semplicemente dire “I porci [slang per poliziotti] ti stanno sempre alle costole”, non mi sembra un’espressione idiomatica.
Caro Davide ma anche cari tutti, ho sottolineato le origini geografiche dei protagonisti della vicenda per chiarire che in certi casi la religione è proprio la causa di molti problemi. Non è un caso che gli islamici non si adattino all’Occidente e vogliano, al contrario, imporre la loro visione del mondo pretendendo solo diritti senza mai parlare di doveri.
Gli svedesi che abitano in quelle zone se ne vanno via perché non riescono a convivere con queste genti – un motivo ci sarà.
Io sono passata per alcune di queste zone e mi parevano come tutte le altre, alcune pure col verde e le strutture, come qualsiasi quartiere di Stoccolma. Tuttavia, chissà come mai, gli attrezzi del parco giochi per bambini sotto casa mia sono in ordine mentre quelli in zone come Husby sono sporchi e spesso rotti. Le strutture di gioco per i bambini sono le stesse in tutte le zone della città, non è che nei quartieri “per immigrati” le mettano di qualità inferiore. È che gli abitanti di tali quartieri non hanno il rispetto dello spazio comune – strade, strutture pubbliche – perché non capiscono che queste cose le pagano anche loro, attraverso le tasse e che danneggiandole, fanno prima di tutto un torto alla loro stessa gente.
A me questi gesti vandalici paiono solo propri di bambini capricciosi e sono d’accordo con il governo svedese nel non dare loro eccessiva importanza. I ragazzi si comportano così per attrarre l’attenzione ma qui ci vuole dialogo, non distruzione.
Vorrei inoltre precisare che io non sono completamente italiana, ma anche di origini anglosassoni e germaniche – e altro non ho raccontato che un avvenimento a cui ho assistito. So benissimo che non tutti quelli che forzano le porte della metropolitana sono “mediorientali” però, chissà come mai, in questo preciso momento storico quelli che creano problemi sono loro. Il che nulla a che vedere con più o meno identificate “etnie” ma dalla cultura che ognuno si porta dietro, in primis quella religiosa. Inoltre, il fatto di appartenere a classi sociali non abbienti non giustifica certi atti. È l’individuo responsabile delle proprie azioni, non la società.
In quanto agli italiani, non capisco perché devi usare il termine “italiano” come dispregiativo dal momento che sei italiano tu stesso. Oltretutto non capisco perché la metti sul personale – ci conosciamo per caso?
Mi scuso per il lungo post con l’autore del blog. Buona serata a tutti.