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Fonte: The Local, http://www.thelocal.se/48078/20130523/
Articolo aggiornato il 24/5 alle 10:00
“troubles in paradise“, dicono ironicamente gli inglesi.
Nella notte di sabato scorso sono scoppiati disordini nel quartiere di Husby, vicino a dove abito io, e nei giorni successivi si sono estesi ad altre aree della città.
Con il perdurare dei fatti, la notizia ha cominciato a diffondersi fino ad arrivare a giornali e telegiornali italiani, molte persone mi hanno chiesto se stessi bene, se fossi a rischio e che cosa stesse realmente succedendo in città. La cosa è molto più semplice di quanto sembri, ed allo stesso tempo molto più complicata. Ma forse è meglio cominciare dalla storia e dall’attuale stato delle cose.
La settimana scorsa la polizia è stata chiamata perchè un signore di 69 anni, di nazionalità ancora non dichiarata sui giornali, aveva cominciato a dare di matto in un’appartamento, brandendo un grosso coltello. I poliziotti giunti sul posto sono stati insultati e minacciati di morte dal tizio, dal balcone del suo appartamento, ma la situazione sembrava grossomodo sotto controllo, fino a che non si è saputo che in casa c’era anche una donna. Per recuperarla è stata fatta irruzione nella casa, è stata usata una granata flash-bang per stordire il tizio, ma non è bastato e pare che abbia attaccato i poliziotti, che gli hanno sparato ferendolo gravemente. La donna è stata portata in salvo, il tizio è morto poco dopo in ospedale.
Questa reazione è stata giudicata violenta, spiega un insolitamente ben equilibrato articolo di Repubblica, dagli abitanti del quartiere, che avrebbero iniziato a protestare e generato così una rivolta.
Aggiornamento 24/5: L’uomo era di nazionalità Finlandese. Le reazioni all’operato della polizia pare siano scaurite dallo spiegamento di forze e dalla dichiarazione che l’uomo fosse morto in ospedale quando invece è stato portato via e fotografato già morto sul luogo dello scontro. Ora la mia opinione è che possa essere una questione di legittimi punti di vista: probabilmente l’uomo è stato dichiarato morto in ospedale. Ma una popolazione che vive sotto la pressione della Polizia può vedere tutto come un atto di forza e un tentativo di copertura. Molto interessante un’articolo postato da una mia amica, che merita una traduzione migliore di quanto possa fare Google Translate: http://www.aftonbladet.se/kultur/article16832905.ab
E qui la realtà comincia a divergere da quella che potrebbe essere l’impressione che ci si può fare dai giornali. Non si tratterrebbe di un’insurrezione popolare, ma dell’impeto vandalistico e di protesta di qualche decina di giovani, principalmente intorno ai 18 anni. Questi giovani di danni ne hanno fatti eccome, dando fuoco a un centinaio di auto (!) e spaccando vetrine, nonchè appiccando fuoco anche a stazioni di polizia, e tirando sassi a pompieri e ambulanze accorse sul luogo.
L’ondata di disordine si è allargata in breve tempo ad altri quartieri, atti vandalici molto seri si sono susseguiti anche nelle notti successive ai confinanti Rinkeby, Hjulsta, Tensta, Kista, e poi anche in altre zone della città, Skarkpnäck, Jakobsberg, Älvjö, una quindicina in tutto. I fuochi che hanno richiesto l’intervento dei pompieri sono circa un’ottantina in tutto.
Non riesco bene a spiegare come vorrei: la gente è allarmata e i danni sono ingenti, ma non si tratta di una guerra quartiere per quartiere o di una intifada di interi quartieri in rivolta, ma di una specie di “euforia da vandalismo” che si è diffusa fra i ragazzi dei quartieri a più alto tasso d’immigrazione. Non si rischia la vita, non ci sono bande armate che si scontrano per le vie, la notte non è illuminata dal rosso dei roghi, non c’è un coro costante di sirene, e non ci sono file di celerini in tenuta antisommossa a sbarrare le strade. D’altro canto persone e comunità hanno subito danni, c’è stata una manciata di arresti, e certamente la gente si sente attaccata nella sua tranquillità quotidiana. I primi ad esprimere disagio sono proprio gli abitanti dei quartieri, perché non condividono questi gesti di (relativamente) pochi, e non sono certo felici del riflesso che queste azioni può avere sulla loro immagine e condizione di immigrati. Contro manifestazioni pacifiche di dissociazione si sono tenute alla luce del giorno.
Per dire, già anche io mi sento a disagio, sebbene non viva in nessuna a zona a rischio e possa definirmi decisamente un “immigrato di lusso”. E ha fatto un certo effetto sentire nella stazione della metropolitana che gli autobus notturni per Tensta, Husby e Rinkeby sono stati sospesi per “disordini”.
Insomma non voglio nè minimizzare ne ingigantire, ma vorrei dare una reale dimensione di quello che sta succedendo.
Il problema è molto più complesso di quello che possa sembrare. In questi quartieri, è vero, il tasso di immigrazione arriva all’80%. Ed è anche vero che non sono considerati “bei quartieri” dagli stoccolmesi, i prezzi sono più bassi e l’edilizia è molto funzionale. Ma, e chi li ha visti se ne è reso conto facilmente (cavolo, basta anche usare Google Street View), non si tratta di ghetti invivibili, con case in rovine e sovraaffollate, e rifiuti per le strade. Sono quartieri con il loro centro civico, la biblioteca, il verde, i servizi. La scuola di Rinkeby è anche stata indicata come modello in una vecchia puntata televisiva di una trasmissione italiana. E non mi è mai capitato di sentirmi a disagio paseggiandovi sia di giorno che di notte.
Aggiornamento 24/5 ore 10:00: mi riportano che il quartiere di Tensta è uno dei peggiori in assoluto, con condizioni… diciamo meno che idilliache. E le notizie girano, sono riportati eventi in varie parti della città e non sempre la gente che ci abita ha notato qualcosa. D’altro canto, piccole cose qua e la sono vandalizzate, e fa impressione perchè fanno parte della quotidianità, come un baretto sul lago a Södermalm. Le macchine e le pareti bruciate certo fanno impressione.
Ma allora il problema qual’è? Io ho una vaga idea, e posso provare a comunicarvela: è il modello di integrazione Svedese che ha qualche cosa che non va, anche se non ho esattamente idea di cosa. Lo stato sociale ha puntato davvero tanto sull’integrazione, attirandosi anche le antipatie della popolazione più nazionalista e populista (un po i nostri leghisti, per fare un paragone). Sussidi, assistenza sociale, risorse devolute a scuole e formazione, corsi di linga gratuiti, sono tutte azioni che lo Stato ha intrapreso per costruire una “rete di solidarietà” attorno agli immigrati. E queste cose portano il loro frutto, i livelli normali di criminalità (ordinaria) sono bassi, la scolarizzazione è alta.
Ma credo che queste cose da sole non siano sufficienti, come per esempio non è sufficiente per un genitore sempre fuori casa per lavoro comperare giocattoli, cibo e vestiti per un figlio che non vedono quasi mai.
Più volte parlando dell’argomento io ho ribadito che, sebbene sia estremamente facile convivere, è molto difficile integrarsi, “fondersi” con la società. Io probabilmente non lo potrò mai fare, forse servirà almeno una generazione in più. Uso spesso la metafora di goccioline d’olio sospese nell’acqua, possono essere ben mescolate ma non saranno mai un tutt’uno.
Io stesso non so bene se per necessità, per inevitablità o per pigrizia, ho tessuto la mia rete sociale principalmente con italiani che vivono qua, perchè è più facile condividere idee, gusti, modi di concepire il mondo che ci circonda. E comunque la mia “rete” italiana è fatta di persone che lavorano nel terziario, o nella ricerca, o in istituti sovranazionali, di cultura alta.
Non è difficile immaginare cosa voglia dire essere un ragazzo sedicenne del Sudan o della Somalia. Avere cibo, e istruzione e una casa dignitosa, ma trovarsi in un certo senso isolato in una terra di nessuno, essere nato e cresciuto Svedese in una comunità che per storia, convenienza, aggregazione si trova in una parte remota della città, e che più si stringe alla propria comunità per sentirsi accettato e riconosciuto più si stacca dalla… svedesità. Trovare lavoro è più difficile, cresce la frustrazione.
La noia, una buona fetta della stupiditàdi chiunque guardi il mondo con gli occhi di un diciottenne (diciottenni non me ne vogliate, lo sono stato anche io, sia diciottenne sia stupido), questo senso di “buonismo” della società che non ti punisce mai veramente, che provvede ai tuoi bisogni ma non ti fa sentire accettato, quel misto di euforicità e di noia dei gruppi di coetanei, tutte queste cose possono spingere a gesta gravi, inutili e controproducenti come quelle di questi giorni.
Pompieri e Polizia sono visti ed attaccati come simboli dello stato, e più vengono attaccati più frange dell’altra estremità sociale hanno buon gioco ad indicare queste persone come pericolose e dannose, e supportano teorie razziste. Poliziotti (alcuni) che considerano feccia queste persone, e le insultano con epiteti razzisti, dal loro punto di vista ben meritati.
Come se ne esce? Cosa cambiare? Onestamente non lo so. Leggo alcune cose sui giornali, il ministro per l’integrazione ha ribadito che non é una lotta dei giovani contro la Nazione, in un’intervista molto ferma ma anche molto pacata. Un pompiere di una caserma vandalizzata che ribadisce che continuerà a lavorare a a cercare di aiutare chiunque ne abbia bisogno e diventa Svedese della settimana, un ex poliziotto razzista che, ravveduto, si dedica ad identificare e riportare gli abusi della polizia, sono tutte cose che mi sembrano passi nella giusta direzione, anche se non risolutivi. Forse un’atteggiamento diverso della stampa.
In generale, mi pare che si cerchi di parlare di come risolvere il problema, di cosa poter fare di più e meglio, e non di cercare di “fare notizia” e di buttare benzina sul fuoco, o risolvere il problema alla radice ignorando che l’immigrazione è inevitabile e fino necessaria. Queste sono cose a mio avviso giuste, anche se non so quanto efficaci. Certo ci vorranno anni, anni, probabilmente generazioni, e penso a tutti i nuovi Svedesi che sono nati con una parte italiana, giapponese, thailandese, americana. Spero che la soluzione sia quella.
Su Facebook si è articolata una discussioncina piuttosto interessante, vi consiglio di leggere anche i commenti qui sotto.
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Un momento davvero difficile senza soluzione a breve termine.
Bel post, mi chiedevo cosa e perche` fosse successo e non ho trovato risposta sui giornali.
finalmente un po’ di informazione… grazie!
Bravo Mauro! (Ps il tuo twitter mi manda messaggi strani)
Bel post! Mi permetto di correggerti riguardo il signore ucciso, finlandese (almeno la moglie ed i parenti intervistati dai giornali ieri!) il signore è morto sul colpo mentre la polizia ha raccontato la storia dell’ospedale e questo, quando si è saputo ha peggiorato una situazione già esplosiva.Poi il fatto che, per risolvere la situazione si siano precipitati centinaia di poliziotti in tenuta anti sommossa con i cani a Husby certo non ha calmato gli animi!! Per quanto riguarda l’aspetto di queste periferie beh Husby non è proprio la bella zona tranquilla che tu descrivi. Quello è davvero un ghetto. Consiglio anche di ascoltare il dibattito fatto a Svt ieri sera la trasmissione si chiama Debatt. (Leggi anche il post del ragazzo di Rågsved che ho postato ieri) ….e non mi allarmare la mamma 🙂 che a Skarpnäck per una volta tutto è molto calmo (finora!) ….stanotte piuttosto hanno dato fuoco al caffè in riva al canale sotto Skanstull dove di solito vado a pranzo 🙁 Certo è un campanello d’allarme e spero davvero si riesca a migliorare le condizioni di molte molte persone! Anche a me il tuo Twitter manda messaggi strani!
Bellissimo post, Mauro. Fra un attimo aggiungo due cosette: ne stavo parlando proprio ieri con un amico…
Come si chiama il baretto sotto skanstull? Stranden? :-\
Grazie Marta delle notizie aggiornate! La lingua rimane sempre una barriera per me :/ avevo letto anche Skarpnäck su The Local, ma dovrei documentarmi di più sugli altri giornali!
Sul giornale c’è scritto “Vid Skanstull på Södermalm brann en kaffestuga i ett koloniområde under natten” più tardi vado a dare un’occhiata!!
Guarda in questi giorni se ne leggono e sentono di tutti i colori :/
Marta Mencarini !!!! Quello dove ti fai tu il grill?!?!
Nyfiken gul
Dicevo, che hai toccato il punto, Mauro. Il problema, secondo me, non e’ tanto nella politica di integrazione Svedese, ma e’ un problema culturale. La maggior parte degli immigrati (soprattutto quelli proveniente dai paesi caldi 😀 ) tende a stare nella loro comunitá.
Tu immagino sarai andato all’SFI. Io mi ricordo che durante la pausa noi stavamo mischiati con gli altri degli altri paesi, mentre, ahimé, le persone proveniente dai paesi musulmani (nonostante alcune di loro fossero informatici, ingegneri e professori) tendevano a stare fra di loro.
Come dici tu, anche noi italiani tendiamo a stare assieme. Se si va un po’ indietro nella storia, e ci si sposta negliUSA, si vedono esattamente gli stessi problemi che ci sono ora qui in Svezia, ma con gli allora immigrati italiani.
Ora a noi ci va bene perché siamo cmq un paese europeo, e, se anche ci si “ghettizza”(ovviamente tra le virgolette: non siamo cosí estremi), sappiamo comportarci civilmente (quantomeno all’estero..in italia…insomma 😀 ). Ma metti assieme migliaia di persone provenienti dal terzo mondo, con una cultira fondamentalmente diversa dalla nostra e magari che non sa né leggere e né scrivere nella proprio lingua… ecco che viene su un bel casino.
Ora, io non sono razzista, anzi…ma missá che lo stato Svedese ha esagerato a lasciar venire o addirittura portare, tanta gente da quei paesi. Forse l’han fatto in buona fede, ma allora ci si dovrebbe munire di altri mezzi…magari corsi di Svedesitá tenuti da persone integrate provenienti da quei paesi, che sappiano parlare a queste persone nella loro “lingua” (lingua non nel senso di idioma, ma che capiscano la loro cultura).
Da parte mia, io e mio marito ci siamo rifiutati di stare con gli altri italiani. Qui a V-ås c’é una delle piú grandi comunitá italiana di Svezia (grazie ABB) e appena arrivati abbiamo ricevuto invito per andare al club degli italiani…che é stato cordialmente rifiutato 🙂 Ora tra i nostri amici si contano Svedesi, Olandesi, Greci e tedeschi 🙂 Si pranza alle 11.30 (la prima regola per integrarsi é prendere gli orari del posto) e si beve caffé svedese (ma sai che non mi pice quasi piú quello italiano? 😀 Invece mio marito ogni tanto lo richiede… terrone! 😀 ).
L’unica cosa in cui non mi integreró mai…é lo sfondarsi tutti i venerdí sera di alcolici 😀
A pranzo ci vado e vi dico! Ma credo sia piuttosto quello più in giù proprio sull’acqua!!
Quoto Laura Trespioli. Tante volte noi italiani siamo come i cinesi. Fortunatamente lavoro in un ufficio svedese e mi alleno con gli svedesi quindi sono più integrato di tanti altri, anche se ammetto che non è facile integrarsi nemmeno qui.
Ad ogni modo, credo che se lo stato svedese fosse piú duro e desse meno sussidi, gli immigrati si sveglierebbero un pò. A me vengono in mente i ragazzi di oggi ai quali i genitori pagano tutto e danno tutto e poi perchè annoiati, fumano l’ero o danno fuoco ad un barbone.
Hanno molto, tutto ma non hanno imparato il valore delle cose.
Dall’altro lato bisognerebbe fare un corso di integrazione agli svedesi che sono si affascinati dagli italiani ma niente di più. Gli svedesi non hanno molto interesse nei confronti delle altre culture.
Cmq…non È un discorso semplice da affrontare.
Grazie Laura, Marta e Paolo! È forse il primo post Facebook su argomenti seri in cui la discussione non sia andata in vacca! 😀
Prego! Grazie a te per il bel post!
Molto dipende da chi lo scrive il post 😉
Gli USA sono riusciti a ispirare la voglia di Americanizzarsi, ma si partiva da un territorio neutro (ehm, indiani a parte), e non sono sicuro il risultato mi piaccia. È veramente un problema complessissimo!
Corsi di svedesità? Oddiomio, no! Credo piuttosto occorra andare nella direzione opposta, Laura. In questo senso i corsi di lingua, che in fondo sono anche corsi di civiltà svedese, bastano. E, anzi, in generale sono davvero ottimi. Io invece credo che occorra trovare un sistema che dia valore alla diversità culturale, in mondo che chi ha un background diverso non si senta proprio per questo meno svedese degli altri. Lo stesso sistema dovrebbe essere in grado di incidere sulla mentalità svedese, in modo che chi qui ha sempre abitato non si senta per questo privato di qualcosa di fronte al fenomeno dell’immigrazione, ma anzi arricchito. Più facile a dirsi che a farsi, lo so.
Comunque, e mi riferisco sempre al commento di Laura, nei corsi che ho frequentato io gli studenti provenienti dai paesi musulmani si integravano perfettamente con gli altri, cosa che non posso dire dei partecipanti cinesi, decisamente più chiusi.
In questi giorni ho letto diversi commenti sull’argomento, tanti erano scritti da conoscenti svedesi che reputo di larghe vedute. Sono rimasta molto sorpresa nel sentire che in qualche modo appoggiano chi bruciava le auto… perché?
si, davvero :S penso cmq che ci vorrá molto MOLTO tempo…
Non avevo ancora letto il commento di Paolo. Sì, in un certo senso occorrerebbe proprio fare un corso agli svedesi, è un pò quello che intendevo io. Solo che la cosa non può essere presa così di petto… 😉
Ti chiedo scusa, Giusi, mi son spiegata male 🙂 Corsi di Svedesitá ci sono appunto giá, ma dovrebbero essere mirati alla minoranza a cui si rivolgono. Peché che a un’italiani vai a dire che le donne hanno gli stessi diritti degli uomini o che non si tagliano le mani ai ladri o che non si violentano e uccidono le donne che hanno avuto relazioni con uomini di un’altra etnia…é un dato di fatto. ma spiegato a gente per cui queste cose sono alläordine del giorno, non é la stessa cosa (ovviamente sono esempi estremi).
Da noi i musulmani erano persone davvero fantastiche, forse é proprio per quello che ci eravamo stupiti nel vederle tutte raggruppate durante le pause…ci facevano piú tristezza che altro. Per i cinesi non ti posso dire xché ne avevamo una solo. 🙂
Ps Noi abitiamo a Hägersten, Ma praticamente siamo a poche centinaia di metri da Älvsjö, e neppure qui ci sono stati disordini… sono quasi tutte villette!!
La rivolta di Husby http://t.co/vZd8RdDs8O
utile su La rivolta di Husby http://t.co/DErX5emo4m
Ciao Mauro, bellissimo post.
Qui da noi in Italia cominciano a parlarne ora, con i soliti toni di chi “rosica”…
<Crolla il mito del modello sociale svedese, welfare in crisi, tutto da rifare>
<Stoccolma come le banlieue francesi, città in fiamme, immigrati in rivolta>
e così via….
rosicate giornalisti italiani, rosicate…
La verità, secondo me, è che l’europa tutta sta vivendo uno straordinario momento di depressione, di mancanza di fiducia nel futuro, di visione a lungo termine, a differenza dei paesi asiatici che invece vivono con grande ottimismo questi anni per noi difficilissimi.
La storia ci insegna infatti che le cose accadono sempre per fatti isolati che diventano pretesti per manifestare malesseri e frustrazioni che prima o poi devono uscire fuori, è una questione fisiologica.
L’analisi è complessa e ti ringrazio per lo spunto di riflessione che stai offrendo con il tuo lucido reportage.
Un abbraccio. Paolo.
Io mi chiedo quanto la gente si preoccupi della cosa. Ho la vaga sensazione che lo stoccolmese medio non si interessi più di tanto. Noto, tra l’altro, che i giornali spendono davvero poche parole, se non nessuna, per spiegare i motivi di questa rivolta. Il signore che è stato ucciso era chiaramente un pretesto. Si limitano invece a raccontare che la scorsa notte È andata a fuoco la tal scuola e qualcuno ha lanciato dei sassi in questo o quel quartiere. Così facendo, non ci si focalizzerà mai sul problema e anzi si tenderà a dedurre frettolosamente che immigrato = problemi. Questi immigrati qualche problema ce l’hanno, bisognerebbe discuterne. Non sono certo braccati ma anzi gli si trova lavoro e casa e gli si insegna la lingua, tutto gratis. Per essere così arrabbiati devono averci qualcos’altro. Tra l’altro, andrebbe ricordato, questi famosi “immigrati”, in buona parte, sono nati in Svezia.
adesso faccio l’antipatico della situazione. non so com’è in svezia, ma se fossi uno svedese mi incavolerei parecchi. che ne dite che quando uno esagera e si dimostrai ingrato verso il paese che l’ha accolto si prende un calcio nel sedere e fuori dalle scatole? in questo caso ci sta tutto.
il post è molto bello, mauro, capisco la tua pigrizia, credo che nei tuoi panni avrei fatto la stessa cosa, ovvero frequentato italiani, perchè sono pigro anche io. ma quando non ci si integra credo che una grossa responsabilità sia di chi arriva non di chi riceve. è chi arriva che deve fare lo sforzo, poi si sa, la soluzione più semplice (frequentare connazionali) è sempre la più allettante.
Grazie del commento Marco! Le tue considerazioni potrebbero anche essere giuste, ma tu non consideri il fatto che questi ragazzi sono svedesi di nascita, e cittadini a tutti gli effetti. La situazione è ben più complicata, e loro non hanno tante scelte. Una mia amica sta traducendo un articolo interessante, lo pubblicherò!
.@piefum è spiegato decisamente bene qui http://t.co/OioiVHGrcu da @MauroBoffardi
[…] La rivolta di Husby | Boffardi2.1. […]
E’ successo qualcosa di molto semplice. I aragazzi si sono posti un obiettivo, uno qualunque.
Nell’immediato dopoguerra l’obiettivo era fare almeno un pasto al giorno…comprarsi un paio di pantaloni o di scarpe, comparsi la bicicletta, la vespa, il motore, la 500, la casa….tutti obiettivi raggiungibilissimi.
Oggi che obiettivo hanno? Le giornate passe anonime e noiose….il tempo scorre….Non c’entra l’integrazione ma la risposta alla domanda che il l’adoloscente pone “Che c**o facciamo oggi?”…
dico la mia da Stoccolmino adottato..penso a due cose,la prima l’integrazione è mera utopia,ma non qua in Svezia solamente,ovunque,è la natura umana.nella natura umana c’è questo aspetto di protezione della propria specie,razza,identità,cultura.ci si può senz’altro avvicinare,ma sarà sempre difficile se non impossibile integrarsi davvero,lo vedo anche in casa,ho la moglie svedese,quando eravamo in Italia come lei non si trovasse benissimo,e ora viceversa, e siamo comunque europei entrambi,io italo-svizzero tra l’altro percui in un certo senso più vicino alla Svezia come mentalità. ma d’altra parte è cosi anche da noi, pensiamo tra italiani del nord e del sud come c’è contrasto. detto questo aggiungo anche le zone comunque più disagiate di Stoccolma,Goteborg,Malmo,sono come i quartieri più periferici delle nostre grandi città o di qualsiasi altra grande città al mondo. io ho vissuto pure ad Hammarkullen,Goteborg,e garantisco che la polizia non si faceva mai vedere, sporco ovunque…ma era per un paio di mesi percui ho chiuso occhi e naso.
l’altro problema è che lo stato svedese ha impostato l’integrazione su binari sbagliati secondo me,e ora se ne rendono conto pure gli svedesi,ovvero prima cosa dare alloggi a tutti gli immigrati nelle stesse zone anzichè dividerli sul territorio sia cittadino che nazionale,per dire dove abito io a Stoccolma non c’è immigrato uno che viene da zone molto svantaggiate,il più svantaggiato penso di essere io,italiano. dove vive la suocera invece sembra quasi lei l’immigrata vedendo la percentuale di stranieri provenienti da zone fortemente svantaggiate. e questo ha portato alla creazione di “ghetti”,quartieri con una forte identità,anche di disagio. e l’altro lato sbagliato della questione è che lo stato aiuta economicamente tantissimo tutti questi immigrati, chiedendo praticamente nulla in ritorno,io ho avuto compagni al corso di lingua svedese,che ho fatto in 5 mesi, che erano li da due anni,perchè fintanto che studiavano la lingua lo stato li pagava ogni mese,inclusa la casa,e loro stessi mi dicevano che gli svedesi erano “stolti” perchè non si rendevano conto di come venivano sfruttati…questo ha portato ora ovviamente ad un risentimento da parte dello svedese che si è sentito tradito (l’entrata del partito Sverige Demokraterna in parlamento ne è un esempio), e lo stesso svedese ora sta tagliando i fondi ai corsi di lingua, ai fondi per la casa, etc etc…le stesse scuole se prima avevano ad esempio un attenzione maggiore per gli immigrati ora iniziano ad averne meno…percui se già gli immigrati hanno formato delle enclavi, la scuola lavora meno in questa direzione (ad esempio hanno tagliato le ore di insegnanti madrelingua che andavano nelle scuole per insegnare la grammatica della lingua materna ai bambini stranieri),l’abbandono scolastico dei ragazzi è alto,dovuto anche all’ambiente che li circonda che non li sprona di certo a fare meglio,è un dato di fatto,dato che finora hanno sempre potuto contare sul sistema del welfare.e ora che il sistema non aiuta come prima i disagi mascherati per anni vengono fuori.