valigie

Stasera si é appena svolto quello che sta diventando un piccolo ma preciso rituale: un ultima cena di commiato, le valigie fatte la notte prima della partenza.

Dentro, la provvista di libri da portare a casa, con i suggerimenti raccolti durante l’estate. Lo spazio per le scorte alimentari dell’emigrante, che é quasi piú bello il gesto di riportarle che il gusto di mangiarle. E poi altri piccoli oggetti che come una formichina piano piano porto dalla mia vita vecchia a quella nuova, foto, ricordi. E il dilemma del peso delle valigie, con le cose che é meglio lasciare fuori, o che lasci fuori a malincuore, e poi ti rendi conto che la maggior parte del peso di quelle valigie, sia all’andata che al ritorno, non puó essere misurato al banco del check-in.

E le foto da sistemare una delle sere dopo il rientro, per fissare momenti che giá iniziano a sfumare. E gli amici che hai visto, quelli che non hai visto, e quelli che hai visto e rivisto e che vorresti rivedere ancora, quelli che da lassú sembrano irreali, e quelli lassú che da quaggiú sembrano irreali anch’essi, e pensi che forse quello irreale sei tu. E il sonno, e il voler dormire, e il non voler dormire, e la stanchezza del viaggio che deve ancora iniziare e giá ti stanca, e vorresti ritornare a casa in un istante battendo i tacchi come Dorothy, se solo sapessi casa qual’è.