Corrispondente Caterpillar 00192, secondo servizio


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Continua il mio secondo lavoro come corrispondente numero 00192 da Stoccolma per la trasmissione Caterpillar su Rai Radio 2.

Questa volta è toccato ai panni sporchi del Re di Svezia!

Ecco la parte di trasmissione estratta dal podcast:

L’Italia chiamò

In questi giorni mi hanno scritto sia la Svezia che l’Italia, quelle con la lettera maiuscola. Se per la prima mi riservo di scriverne più avanti, oggi vi parlo del plico arrivato dalla seconda!

Partiamo dall’antefatto: la legge italiana obbliga chiunque sia residente all’estero ad iscriversi all’Associazione Italiana Residenti all’Estero. Suppure l’iscrizione sia obbligatoria, se non si fa non si incorre che io sappia in nessuna sanzione, né ho incontrato mai nessuno che mi sapesse dire cosa effettivamente questo comporti. Per motivi lagati alla dichiarazione dei redditi, e soprattutto alla possibilità di votare all’estero, mi sono deciso a registrarmi, facendo pervenire al Consolato la documentazione.

L’ufficio consolare a Stoccolma è in un posto bellissimo, al centro di un’isola per la maggior parte parco pubblico, ma è aperta solo dalle 9:30 a mezzogiorno dei giorni feriali. Raggiungerla in orario di apertura è piuttosto difficile se si lavora, per cui dopo mesi e mesi di indecisione e di rimandi ho mandato la documentazione per posta. Nei mesi successivi ho inviato mail per conoscere lo stato dell’iscrizione, o almeno per sapere se la documentazione sia arrivata e fosse corretta, ma non ho mai ricevuto risposta. Stesso esito le telefonate fatte al numero sul sito, perchè nessuno ha mai risposto. Un mio collega mi è testimone, un giorno ho lasciato squillare il telefono ininterrottamente dalle 10 alle 12, senza che nessuno ripondesse, forse sarò stato molto sfortunato io.

Di fatto comunque ieri mi è arrivato un plico dall’Ambasciata Italiana di Stoccolma: si trattava del “kit del votante all’estero”, prova tangibile che in qualche modo la mia iscrizione è arrivata a buon esito.

Il plico contiene il presente materiale:


Una busta prestampata e preaffrancata, una busta bianca, un foglio di istruzioni, un certificato elettorale scritto con amore in Word e in Times New Roman, e le quattro schede elettorali.

Il procedimento per votare è il seguente: dopo aver marcato con la penna biro nera o blu la propria scelta, si inseriscono le quattro schede ripiegate all’interno della busta bianca, che dovrà essere accuratamente chiusa.

Dal certificato elettorale si ritaglia il “tagliando elettorale”, che riporta il paese di provenienza del voto ed il mio numero personale ed univoco di iscrizione all’AIRE. Nella busta preaffrancata si inserisce quindi la scheda bianca, il tagliando elettorale, si chiude il tutto e si imbuca nella cassetta delle lettere.

Il procedimento è molto semplice, e sicuramente mette in pratica pedissequamente quanto indicato dalla legge. Lo stesso procedimento si usa per le elezioni Politiche. Vorrei però davvero avere risposta a queste domande:

1) chi mi dice che la busta con la mia votazione raggiunga effettivamente l’ambasciata, e a tempo debito? Ora magari delle poste svedesi si può stare più tranquilli, ma in altri luoghi o paesi?

2) il mio voto è davvero segreto? Insieme alla busta con le schede c’è anche il tagliando che riporta il mio numero. Chiunque può aprire la busta bianca, che non è segnata o firmata in nessun modo, controllare il mio voto, e inserire le schede in una nuova busta per mandarla agli scrutinatori.

3) ma perchè fermarsi a questo? Non solo la busta è completamente bianca, ma anche le schede elettorali non sono ne timbrate ne firmate, sono belle fresche di stampa! Questo vuol dire che senza nessun tipo di problema ci possa essere da qualche parte in qualche ambasciata un bel pacco di buste bianche contenenti schede con il voto ritenuto più… opportuno dall’ambasciata (che risponde al Ministero degli Esteri, se non erro) e con il tagliandino di tutti i membri Aire, che abbiano deciso di votare o meno, e che la mia busta sia prontamente cestinata e sostituita. Oppure semplicemente cestinata nel caso sia utile il non raggiungimento del quorum.

Mettiamo che ad esempio serva ad affossare un referendum per abrogare una legge che impedisce legittimamente ad alcuni imputati illustri di presentarsi al loro processo, e che magari nonostante comporti un enorme spreco di denaro pubblico si sia già scelto di non accorpare alle elezioni amministrative per far andare la gente a votare due o tre volte, e che si sia scelto di spostarlo in una domenica di giugno nella speranza che la gente vada invece al mare, e che magari poi per motivi legati ad un altro quesito si paventava che la gente andasse a votare lo stesso, e che quindi si sia sparsa la voce che tale quesito non serva più quando invece è ancora valido, insomma uno scenario di fantapolitica! Ma anche in casi più semplici, coma fa ad essere giusto questo sistema di voto?

E’ davvero possibile che schede non timbrate, non firmate, possano essere spedite in modo non anonimo come bottiglie nel mare postale, sperando che giungano incolumi alla loro democratica destinazione?

 

I progressi della Tvärbana

Sulla scia del post precedente sulla Citybana, ecco un aggiornamento a un’opera pubblica piuttosto simile che mi “accompagna” per tutto il tragitto da casa all’ufficio. Si tratta di un tram chiamato desid Tvärbana, il cui percorso è in fase di estensione per raggiungere nuove parti della città.

I lavori sono inizati a Novembre 2008, e da allora 4 volte all’anno mi arriva nella cassetta delle lettere un “giornalino” come questo:

In questo numero, oltra a foto dello stato dei lavori e al programma dei mesi prossimi, si può leggere la storia della costruzione di un tunnel e conoscere i nomi e vedere in fotografia le persone che ci hanno lavorato. Ancora più economico di un giorno di cantiere aperto al pubblico, e non solo trasparente ma anche abbastanza simpatico!

Dedicato a questo progetto esiste anche un account di Flickr 🙂

Visita alla Citybanan

Avevo già scritto in passato della Citybanan, un progetto pluriennale per far passare i pendeltåg, uno dei treni di collegamento che attraversa Stoccolma, sotto il lago Mälaren, in modo da decongestionare i ponti che collegano le isole principali della città e di poter aprire nuove stazioni sotterranee in un paio di punti strategici della città.

Domenica scorsa, grazie alla segnalazione tempestiva di Davide ed Elisa, ho potuto partecipare con loro ed altri amici a una “giornata di apertura”, ovvero una domenica in cui l’ente pubblico che ha commissionato il progetto, il Traffikverket, apre i cantieri e permette a chiunque lo voglia di vedere come la costruzione procede, quali saranno i prossimi interventi, e di avere informazioni su come saranno le cose a progetto ultimato.

Una delle sezioni del tunnel subacqueo

Coda!

I cantieri aperti erano un paio, ma abbiamo deciso di visitare quello in Söder Mälarstrand, ovvero il punto in cui il tunnel che passa sotto la città sbuca sul fondo del lago. Già un ora prima dell’apertura la fila era abbastanza consistente, ma nel giro di pochi minuti si è allungata a dismisura. Dal telegiornale e dal sito della Citybanan abbiamo poi appreso che i visitatori sono stati più di tremila, ma le persone in fila sono state molte di più, con tempi di attesa anche di un paio d’ore. Meno male che siamo stati puntuali!

L'ingresso

La curiosità è stata solleticata sin da prima di entrare. In coda con noi c’erano le persone più disparate, gente in attrezzatura da trekking, mamme con mocassini e passeggino, la versione svedese di umarélls da cantiere. Come al solito la presenza di bambini era massiccia, e si vede che chi ha organizzato l’evento era consapevole: mentre alcuni srotolavano nastro bianco e rosso e preparavano le corsie, impiegate in giubbetto catarinfrangente distribuivano non solo un foglio informativo sulla visita, ma anche caschetti per bambini (in grossi contenitori IKEA, ovviamente), casacche con scritto “da grande per andare al lavoro userò la Citybanan), palloncini rossi e persino banane “sponsorizzate”. Mamma mia quanto piacciono le banane agli svedesi! Anche noi comunque ne abbiamo approfittato 🙂 A framezzare le file, cartoni per raccogliere i rifiuti.

Distributrice di informazioni e di... banane 🙂

Da grande...

Banana sponsorizzata

L’ingresso è stato preparato all’imbocco di un tunnel di servizio, ovvero un tunnel più piccolo in cui far entrare e uscire i mezzi ed il personale. Quando giunge il nostro turno, ci bardiamo di casacca catarinfrangente ed elmetto, e ci uniamo a un gruppo. La guida chiede se vogliamo anche la spiegazione in inglese, ma coraggiosamente nessuno del mio gruppo interviene, e ci concentriamo per capire la spiegazione in svedese. La prima tappa della visita è a meno di 20 metri, vicino all’altarino di Santa Barbara, protettrice dei minatori e degli esplosivi. Seppure la Svezia sia un paese molto… secolarizzato, questa usanza è sopravvissuta in tutti i cantieri sotterranei e le miniere.

Prima tappa

Santa Barbara (sulla destra)

La visita prosegue, ci si incammina lungo il tunnel di servizio che scende sensibilmente, fino ad arrivare a una sala un po più grande in cui sono parcheggiati macchinari improbabili. Le guide si danno il cambio, e spiegano tutti i vari procedimenti e gli strumenti utilizzati. Poco oltre a sud, e qualche metro sopra di noi, si trova una chiesa che però appoggia su un suolo molto sabbioso, stanno provvedendo a iniettare del cemento in modo da poter poi scavare all’interno. In altri punti del tunnel stanno facendo i conti con un grosso collettore fognario che nessuno ha voglia di far saltare in aria con la dinamite, e al di là di esso ci sono le fondamenta di alcuni grossi palazzi. In questo caso, hanno provveduto a svuotare le cantine, costruire nuovi pilastri di cemento armato per rinforzare le fondamenta dal disotto, e poi costruire il tunnel esattamente in mezzo ai pilastri. Sul soffitto si snodano strani tubi gonfiabili che servono per l’aerazione, e al di la delle transenne si vede il tunnel proseguire indefinitamente… il tunnel di servizio è piuttosto irregolare, devia, sale e scende, facendosi largo attraverso le profondità della città.

Tunnel di servizio

Da lì sbuchiamo poi nel tunnel vero e proprio, quello in cui passeranno i treni. L’effetto è tutt’altro che claustrofobico, la volta è molto ampia, e persino i macchinari parcheggiati sono più grandi.

Il tunnel principale

Mentre la guida avvisa i bambini che scorrazzano di stare attenti ai troll delle miniere, ci conduce verso una enorme porta di metallo, che copre tutta l’estremità della galleria. Si tratta di una porta di emergenza che divide il tunnel vero e proprio dalla sala successiva, che si trova già sotto il lago! Questa stanza è occupata quasi interamente da un’impalcatura, che serve per costruire l'”attacco” dei componenti del tunnel subacqueo. Quando il primo elemento sarà collegato, questa stanza sarà sommersa, e poi l’acqua sarà pompata via una volta sigilillato il tutto.

L'innesto degli elementi subacquei

Tunnel principale

La visita non si conclude all’uscita. Dopo aver restituito elmetto e casacca si arriva davanti a una tenda in cui vengono offerte bibite, succhi di frutta, e ovviamente caffè e le immancabili kanelbulle. Da li si accede a un piccolo capannone in cui sono esposti vari utensili, cartelloni esplicativi, e si possono vedere filmati che spiegano i lavori in corso ed i progetti futuri.

Fika!

Un po come in un cinema 🙂

Intorno ai visitatori si muovevano cameramen e fotografi, non solo delle TV locali, ma anche del Trafikverket stesso, che ha un sito ed un canale Youtube dove pubblica continuamente informazioni, notizie, foto e video sull’avanzamento dei lavori. Uno dei filmati più interessanti, che spiega come funziona la costruzione del tratto subacqueo, lo potete vedere qui sotto. E’ molto comprensibile anche per chi non conosce lo svedese!

E’ stata una mattinata molto divertente ed interessante. Fa riflettere il fatto che alcune giornate come questa, inserite in un progetto pulriennale e da miliardi di Euro, non incdano praticamente nulla nelle spese, ma siano importantissime per tenere informati i cittadini, renderli partecipi e consapevoli di come vengono spesi i loro soldi, di quanto i lavori procedano, e del motivo per il quale stiano affrontando alcuni disagi, come strade chiuse, stazioni spostate, e qualche centinaio di esplosioni nel cuore della città 🙂

 

Nemmeno la vergogna

Ecco un caso che riassume quasi tutto quello che non va nel nostro paese: mercimonio, piaggieria, finzione, commistione fra informazione pubblica e privata, speculazione sulle cose serie e soprattutto la mancanza di vergogna e la superbia anche quando si viene colti in fallo. Schifo. Leggete sotto.

Vorrei ricordare anche questa mai fin troppo conosciuta telefonata: http://tg24.sky.it/tg24/cronaca/2010/02/27/ridevano_terremoto_piscicelli_gaglardi_audio.html

L’Italia vera, quella solidale, quella che cerca di andare avanti, quella che é dappertutto, che lavora fuori dal cono di luce di riflettori, quella che non si vende per 300 Euro é stanca, ma c’é, ed é l’unico futuro per il nostro paese: http://blogpw.terremotolaquila.net/

 

http://www.repubblica.it/cronaca/2011/03/28/news/finta_aquilana-14169510/?ref=HREC1-1

“Terremoto, ricostruzione perfetta”
finta aquilana in tv, bufera su Forum

Figurante reclutata per raccontare il miracolo del governo. Subito smascherata in rete. “Pagata trecento euro per leggere un copione”. Protesta il Comune

L’AQUILA – Mediaset manda in onda una finta terremotata pagata 300 euro. Pagata per leggere un copione scritto dagli autori del programma Forum, condotto da Rita Dalla Chiesa su Canale 5. “L’Aquila è ricostruita”; “Ci sono case con giardini e garage”; “La vita è ricominciata”; chi si lamenta “lo fa per mangiare e dormire gratis”. Per questo “ringraziamo il presidente…” . “Il governo… “, precisa la conduttrice. 

Marina Villa, 50 anni, nella trasmissione di venerdì si dichiara “terremotata aquilana e commerciante di abiti da sposa” in separazione dal marito Gualtiero. Ed è lì in tv con il coniuge a discutere della separazione davanti al giudice del tribunale televisivo. Ma è tutto finto: lei non è dell’Aquila, non è commerciante, il vero marito è a casa a Popoli, il paesino abruzzese nel quale la coppia vive: si chiama Antonio Di Prata e con lei gestisce un’agenzia funebre.

L’assessore alla Cultura dell’Aquila, Stefania Pezzopane, ha scritto una lettera a Rita Dalla Chiesa: “Nella sua trasmissione, persone che, mi risulta, non hanno nulla a che vedere con L’Aquila, hanno fatto un quadro distorto e assolutamente non veritiero”. Quando scoppia la polemica anche su Facebook, non è difficile rintracciare Marina. “Ma che vogliono questi aquilani? Ma lo sanno tutti che è una trasmissione finta”. Si dice, la signora Villa, molto sorpresa dalla rabbia dei terremotati: “Ma che pretendono. Io non c’entro nulla. Ho chiesto di partecipare alla trasmissione e quando gli autori hanno saputo che ero abruzzese, mi hanno chiesto di interpretare quel ruolo. Mi hanno spiegato loro quello che avrei dovuto dire”. Marina racconta di essere stata pagata: “Mi hanno dato 300 euro. Come agli altri attori. Anche Gualtiero, che nella puntata interpretava mio marito, recitava. Lui è un infermiere di Ortona. Hanno scelto un altro abruzzese per via del dialetto”.

Ecco il copione di Marina in tv: “Hanno riaperto tutti l’attività. I giovani stanno tornando”. Durante il terremoto “sembrava la fine del mondo, non riuscivo a capire se era la guerra, la casa girava. Si sono staccati i termosifoni dal muro”. Ora invece è tutto a posto: “Vorrei ringraziare il presidente e il governo perché non ci hanno fatto mancare niente… Tutti hanno le case con i giardini e con i garage, tutti lavorano, le attività stanno riaprendo”. Le fa eco la Dalla Chiesa: “Dovete ringraziare anche Bertolaso che ha fatto un grandissimo lavoro”. E giù applausi. Mentre Marina aggiunge: “Quello volevo pure dire”. “Inizialmente – continua il copione – hanno messo le tendopoli ma subito dopo hanno riconsegnato le case con giardino e garage. Sono rimasti 300-400 che sono ancora negli hotel e gli fa comodo”. “Stanno lì a spese dello Stato: mangiano, bevono e non pagano, pure io ci vorrei andare”. Ma lei non è dell’Aquila, la notte del 6 aprile 2009 era a casa a Popoli. È stata solo finta terremotata a pagamento per un giorno su Mediaset.

(28 marzo 2011)

 

 

 

 

 

 

La crisi dei rifiuti anche in Svezia

Ebbene sí, anche la Svezia deve confrontarsi con l’annoso problema della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti.

Troppi, direte voi? No, troppo pochi, almeno secondo quando riporta The Local ( http://www.thelocal.se/31950/20110210/ ).

Nelle cittá si usa moltissimo il teleriscaldamento. Le villette sono autonome, molto spesso grazie a pozzi di calore o impianti che utilizzano energia elettrica (qui abbastanza economica), ma edifici piú grossi non possono avere loro caldaia, ma devono collegarsi a grossi tubi pubblici dentro cui scorre acqua riscaldata dalla centrale del quartiere.

É possibile vedere questi grossi condotti rivestiti di isolante e catrame, quando fanno dei lavori nelle strade.

Ogni distretto cittadino ha il suo impianto di riscaldamento, che in molti casi funziona bruciando i rifiuti (e filtrando ovviamente le sostanze nocive che il processo comporta).

Il problema é che la Svezia non produce abbastanza rifiuti per rispondere ai fabbisogni di riscaldamento, e cosí ne importa da altri paesi, probabilmente anche guadagnandoci sopra 🙂

La maggior parte dell’import viene dalla Norvegia, la vicina Göteborg ne ha smaltite 160.000 tonnellate nel 2010, ma arrivano rifiuti anche da altre parti d’Europa, inclusa la problematica regione Campania (non ho dati, peró, su quantitá e costo dell’operazione).

Certo l’efficenza energetica, se troppo razionale, puó avere alcuni aspeti negativi! Un esempio si é avuto l’anno scorso: a Stoccolma i veri animali randagi non sono gatti, cani  o piccioni, bensí i conigli: alcuni, acquistati come animali da compagnia,  vengono poi abbandonati, e proliferano, creando comunitá nei parchi pubblici e fra le case. Il comune di Stoccolma ne deve sopprimere svariate decine ogni anno, e le carcasse vanno poi smaltite in un inceneritore. L’anno scorso si é saputo che i coniglietti venivano aggiunti ai rifiuti usati per il riscaldamento domestico. É una soluzione perfettamente razionale ed energeticamente vantaggiosa, ma l’impatto emotivo di pensare a un simpatico batuffoletto che finisce nel termosifone ha fatto sorgere lamentele e proteste in tutto il paese.

Nel 2005 la Svezia ha annunciato una campagna di indipendenza dai combustibili fossili; tre mesi dopo é stato distribuito il rapporto “Making Sweden an oil-free society“, che ha posto come obiettivo la fine dell'”era del petrolio” entro il 2020. Non solo per motivi economici, ma anche ambientali e di sicurezza nella politica internazionale.

Secondo i dati dell’Agenzia Svedese per l’Energia, nel 2010 la Svezia ha varcato la soglia del 50% di energia prodotto attraverso l’uso di fonti rinnovabili, principalmente biomasse (oltre il 30%!), idroelettriche, geotermiche ed eoliche, lasciando combustibili fossili e nucleare in “minoranza” e posizionando la Svezia fra i paesi “a credito” per produzione di CO2, secondo gli accordi di Kyoto.

Informazioni interessanti (ma non aggiornatissime) qui: http://www.energy.eu/ .