Il violinista

Ho appena visto questa cosa strana, questa cosa cioè che non credo si potrebbe descrivere con una fotografia, ma nemmeno con un filmato, una di quelle cose che esistono silo per una frazione di secondo e poi svaniscono, anzi non svaniscono mai più proprio perchè le hai viste e le puoi ricordare, e ti chiedi se non le avessi viste se sarebbero esistite lo stesso, o se da qualche parte qualcuno che non è una persona le avrebbe annotate, magari organizzate, e poi avrebbe segnato una V di spunta su una lista inimmaginabile, e poi sarebbe passato ad altro.
Ero lì insomma sul mio autobus, e tutto in testa sciabordava, di orari, personaggi di libri, programmi e titoli di giornali dimenticati da chi sedeva prima al posto mio, quando alzo lo sguardo e vedo fuori dal finestrino un tizio che suona il vilolino, in un pastrano grigio e dall’aria dimessa. Io so che sta suonando il violino, perché non mi arriva nessuna musica, ma vedo gli occhi socchiusi nella testa reclinata a concentrarsi sulla musiva e a controllare il piattino delle offerte, e vedo il mignolo tremolare sulle corde e l’archetto muoversi lentamente, su, su su e poi lentamente giù giù giù, e so che la musica è fatta di onde, ma ora ho capito davvero cosa vuol dire.
E mentre l’archetto sale sento il niii di una sirena della polizia, e quando scende sento il nooo, e niii,nooo,niii, nooo e sembra che la suoni lui quella sirena, e si sovrappongono le cose, tutto si cristallizza in un istante perfetto in cui le cose acquistano un nuovo significato, e pensi che sembrerebbe che stiano arrivando per lui, ma in realtà la polizia e questo mendicante illegale siano la stessa cosa, due facce della medaglia che condividono la stessa ragione di esistere, e che in questo preciso momento, in un universo con solo me al centro e ordinata tranquilltà intorno, turbano più sirene che suoni di violino.
Poi sbatto le palpebre, l’allineamento esistenziale si perde, l’autobus riparte che è scattato il verde.

Devo smetterla di leggere David Foster Wallace.