Direi che questa che si accinge a finire sia stata la settimana più intensa passata quassù, dal momento dell’arrivo. Oltre al trasloco in casa numero tre, ho iniziato il corso di svedese, e ho fatto nuove amicizie, ma su queste cose penso di scrivere dei post dedicati. Veniamo quindi a casa numero tre.
Il termine dell’affitto di casa numero due era prossimo alla scadenza e ancora non ero riuscito a trovare una sistemazione decente. Affittare un appartamento si è rivelata un’impresa, non tanto per i prezzi, quando per la difficoltà a rispondere a un annuncio in tempo utile, prima che l’appartamento sia assegnato. Le ultime settimane le ho passate aggiornando ogni cinque minuti la pagina del sito di annunci, ma per vari motivi non sono riuscito ad aggiudicarmi nessun appartamento, e non perchè fossi schizzinoso, anzi.
Per fortuna un mio collega mi ha girato il contatto di una sua amica, che era alla ricerca di un inquilino per un suo appartamento. E così, nel giro di un’ora, ho accettato verbalmente di affittare la casa, avendola vista in qualche foto sfuocata ricevuta per e-mail. E qui è iniziata qualche magagna, cose che non mi ha fatto scrivere un post celebrativo sull’aver trovato casa.
L’affitto è “di seconda mano”, come spesso costuma qui: una persona affitta un appartamento dal proprietario del palazzo, e poi lo subaffitta a terzi. Il problema è che questo è… diciamo… non molto legale, per cui ufficialmente io non abito qui. Niente nome sul campanello, basso profilo se si incontra il proprietario nei corridoi (non abita qui, comunque), e pagamento in contanti, ovviamente in anticipo.
La visita alla casa mostra qualcosa di più delle foto: niente più quartiere di casette, l’appartamento è al secondo piano di una palazzina lungo una via trafficata. L’ingresso e gli interni sono squisitamente anni 60, con pareti verde ospedale e pavimento marrone, perennemente illuminati da basse luci giallastre, dato che nei corridoi non ci sono finestre. Il primo impatto non ha potuto che richiamarmi alla mente un vecchio ospedale psichiatrico, per cui l’entusiasmo non era certo alle stelle.
L’interno era occupato da scatole e roba ammucchiata, dato che era in corso il trasloco dell’inquilino precedente, e la visita è stata piuttosto breve: si tratta di un monolocale, con una cucina davanti all’ingresso, un bagno senza finestre, e una sala abbastanza spaziosa con una parate occupata da una grossa finestra, e una nicchia che ospita un letto a una piazza e mezzo, e senza spazio per un comodino.
Consolato comunque dal fatto che in fondo era una sistemazione come un’altra, e che una volta trasferito avrei potuto continuare a ceracre qualcosa di meglio, mi sono messo nell’ordine di idee di traslocare, anche perchè mancava una settimana alla scadenza dell’affitto, e non mi sarei potuto permettere di rinunciare.
Passo la gironata di sabato 30 agosto a re-impacchettare il poco che avevo spacchettato, e a pulire da cima a fondo casa numero 2. La domenica mattina, con la colonna sonora di “Into the wild” nelle orecchie, mi alzo di buon’ora per andare a ritirare la macchina a noleggio a un distributore STATOIL, una sfolgorante Nissan blu e arancione a circa 30 euro al giorno. La ragazza del distributore, Helena, quando vede la patente italiana si illumina, e comincia a chiacchierare del suo periodo trascorso in Italia, di come si sia trovata bene, e azzarda addirittura una conversazione in Italiano. Si rimane d’accordo per trovarsi prima o poi a continuare a chiacchierare davanti a un caffè, e mi dirigo verso casa.
Nel giro di due ore la Nissan è stipatissima, e quello che non ci sta è ammucchiato al centro della sala per un secondo e ultimo viaggio. Casa numero tre non sarà libera fino alle 7 e mezza, dato che all’inquilino precedente serve tempo per fare le pulizie, per cui ozio, leggo, e vado a mangiare una pizza, in attesa dell’orario.
Alle 7.30 mi presento al portone di casa numero 3, e mi accorgo di non conoscere il codice della porta. Il numero di telefono della padrona di casa è sepolto in uno zaino, per cui rimango per dieci minuti fuori ad aspettare non so bene cosa, fino a che una persona di passaggio non apre il portone.
All’ingresso della casa faccio la conoscenza di Helena, la proprietaria: sta pulendo il frigo, visibilmente ricoperto da aloni verdastri, dentro e fuori. Un breve giro della casa la rivela in condizioni ORRENDE: polvere e macchie marroni e appiccicose ovunque, bagno che fa affiorare alcuni miei lontani ricordi dell’Albania, armadi pieni di roba usata e ributtata dentro. Dallo scarico del lavello sta germogliando una piantina, trovando evidentemente humus fertile in cui fare presa. La padrona di casa un po imbarazzata mi fa vedere alcune cose, e sollevando la coperta del letto, DOPPIO ORRORE: il materasso è di un color marrone sanguinolento, e i cuscini originariamente bianchi sono di un giallo grasso rancido. La proprietaria si scusa, evidentemente la colpa è del vecchio inquilino, ma ormai sono in ballo e devo trasferirmi qui.
Dalle 7 alle undici e mezza trasferisco tutta la mia roba, ammucchiandola come capita al centro della casa. Il lampadario non c’è, metà delle lampadine della casa sono bruciate (inclusa quella del frigo), unica illuminazione i neon sottopensile della cucina e una abat-jour da 40W sul davanzale.
Recupero dai bagagli il modem UMTS per scrivere un twitter di disperazione, e mi accorgo che la rete 3G in questa casa non arriva.Osservo rattristato il divano, che non è in condizioni migliori del letto, poi sospiro, ripenso alla casa appena lasciata, stendo un telo di plastica sul materasso, e mi addormento.
Nei giorni successivi ho fatto colazione alla caffetteria di fronte e ho cenato fuori. Lunedì sera sono andato in un grande magazzino ad approvigionarmi di un repertorio di spugne e detersivi per ogni superficie, preferibilmente con una grossa scritta blu “desinfektionsmedel”. Le serate di questa settimana sono state dedicate alla pulizia, svuotando gli armadi, pulendo da cima a fondo la cucina, il frigo, svuotando gli armadi, e spostando le mie cose da un angolo all’altro della stanza per liberare un angolo da pulire.
Dopo una settimana di lavoracci, e una domenica all’IKEA per recuperare il mancante, sono decisamente più soddisfatto. La casa non è aumentata di dimensioni, ma è tornata un ambiente vivibile. Materasso nuovo (a spese della proprietaria, ovviamente), tende e divano lavati, profumo di limone nella casa. La TV è al suo posto, e, omaggio della buona sorte, il modem UMTS ha preso a funzionare.
Alla fine, si può tornare a dire “casa, dolce casa”.
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Mamma mia, io non so se ci sarei riuscita, forse mi sarei messa a piangere prendendo a testate il muro
Avresti dovuto fare il PRIMA e il DOPO!!! Io mi stupisco, una casetta così piccola, come si fa a trascurarla in quel modo??
Comunque i miei complimenti per come l’hai fatta rinascere!!!
Le mie migliori congratulazioni caro Mauro. Dalla tua descrizione mi è subito venuto in mente l’appartamento del film “Il principe cerca moglie” con Eddie Murphy.. presente? l’appartamento con le sagome dei cadaveri sul pavimento? 🙂 Hai sistemato davvero bene! Hej do!