La giornata di Giovedì scorso è stata dedicata ad una visita all’Arcipelago di Stoccolma.
Secondo la Lonely Planet, sempre più simile nell’uso quotidiano alla Guida Galattica per gli Autostoppisti,
Se chiedete agli abitanti di Stoccolma quale attività estiva i turisti non dovrebbero perdersi, tutti vi risponderanno una visita all’arcipelago.
Esistono vari modi di visitare quest’area sterminata, ma in linea di principio o ci si aggrega ad una visita guidata con pranzo e cena a bordo e programma fisso, o si possono utilizzare i battelli pubblici che fanno la spola fra le varie isole.
Optando per la seconda scelta, di buon’ora sono andato in centro, sul molo fra il palazzo reale e il Grand Hotel, in cui turisti in fila per le varie “Sightseeing Boats” si mescolano a pendolari locali, con valigie per il fine settimana o zaini con cestini da picnic. Dopo pochi minuti di ordinata fila, si sale a bordo e con comodo, durante il viaggio, si può fare il biglietto. Anche sulla nave più piccola c’è a disposizione un piccolo bar che vende caffè caldo e panini.
La prima tappa è un molo nella parte sud della baia di Stoccolma, dove sopra uno Yacht Club veglia “Dio, nostro padre”, una statua del qui apprezzatissimo Carl Milles.
La prima parte del viaggio, più di un’ora di navigazione, conduce a Vaxholm, detta “la capitale dell’arcipelago”. Si tratta in realtà di un paesino minuscolo, con alcuni negozi e ristoranti che si affacciano sul molo. A poche decine di metri, sull’isoletta difronte, riposa sonnacchioso un vecchio forte marittimo, caduto in disuso praticamente il giorno in cui è stato completato. Un traghetto fa la spola ogni 5 minuti, e un ragazzino decisamente annoiato prepara l’attracco, vende i biglietti, chiude il portello mentre la nave in pratica gira su se stessa, e ricomincia da capo sull’altra sponda, mentre quelli che sembrano i genitori osservano e manovrano dal ponte superiore.

Forte di Vaxholm
La fortezza non è niente in sè, sono esposti alcuni pezzi di artiglieria (puntati sui bastioni alle navi di passaggio), ma dalla cima della sua torre si può godere una bella vista.
Da Vaxholm, che peraltro è raggiungibile anche in auto, partono varie imbarcazioni che raggiungono diversi punti di un’area vastissima. Per raggiungere Moja, una delle isole più grandi in direzione del mare aperto, ci vogliono più di altre tre ore di navigazione!
Mi sono imbarcato per Södra-Ingmarsö, uno dei posti più lontani raggiungibili per una gita in giornata. Sul ponte, il clima cambia repentinamente, a un cielo terso e blu profondo succedono batuffoli di cotone, nuvole grigie e minacciosi cumuli neri, che portano pioggia e vento. Ma nessuna condizione climatica qui dura a lungo, e torna presto possibile godersi il paesaggio dal ponte esterno.
Tutto intorno, fino letteralmente a perdita d’occhio, galleggiano isole su un mare piattissimo, le cui uniche onde sono quelle create dalla nostra nave. Ci sono isole di ogni forma dimensione, da quelle ampie su cui si intravedono strade e campi, a minuscoli scogli isolati, con case che a volte ne occupano la maggior parte della superficie. Ogni isola ha sponde rocciose, a volte basse e declinanti, altre volte precipitanti a picco, ed è sormontata da fittissimi abeti, dalla corteccia verdissima e tronchi rossi. A occhieggiare qua e là in mezzo agli alberi, a osservare dalla cima, o a lambire le acque su piccoli moli, casette di legno di ogni dimensione e forma, quasi tutte del color rosso-marrone tradizionale, o al limite gialle, con gli infissi e i dettagli verniciati di bianco ed il tetto nero. Immancabile, un pennoncino con la bandiera gialloblù.
Il traghetto ferma pochi secondi in decine di piccole fermate, dove famigliole partono o tornano da quella che probabilmente è l’alternativa di Stoccolma ai nostri fine settimana ai Lidi Ferraresi, e alla partenza del traghetto si incamminano in sentierini che portano alle abitazioni. Intorno, incrociano imbarcazioni di ogni tipo, motoscafi, barche a vela, gommoni, gusci a remi. La gente che si vede è impegnata, ciascuno sulla propria isoletta, ad alimentare barbecues o a pescare, mentre alcuni temerari (per lo più bambini) fanno il bagno nelle rade.
Dopo un paio di ore di viaggio, ed un pranzo piuttosto scadente nel baretto di bordo, la nave attracca a Sodra Ingmarso. Sulla destra della banchina un pontile di legno fa da supporto per i tavoli all’aperto di un piccolo caffè-steak house, poco oltre altri pontili galleggianti ospitano all’attracco piccole imbarcazioni, e un distributore di benzina galleggiante. Un sentiero sterrato porta dopo pochi metri ad un supermercato / ufficio postale all’ombra degli abeti, e prosegue lungo la riva per portare a una bancarella che vende caffè e gelati ai clienti seduti sulla riva. Subito dopo un parcheggino con i posti riservati alle famiglie dell’isola, identificati da cartelli scritti a mano (uno di questi riporta il nome di Jacob, e il parallelo con l’isola di Lost ed i suoi “Altri” si affaccia inevitabile alla mia mente), una strada ghiaiata si dirige all’interno, in mezzo agli alberi. La strada attraversa l’isola da sud a nord, per circa un paio di chilometri. Qua e là alcuni campi di cereali, qualche mucca, e alcune case, nonché una scuola con annesso campo giochi e quella che a tutti gli effetti sembra un’isola ecologica nell’isola.
Il profumo nell’aria è quello del nostro Trentino, resina e sottobosco, con un vaghissimo fondo salmastro. In un campo a bordo strada, un cerbiatto pascola tranquillo, per niente infastidito dalla nostra presenza. Lungo la strada passano famiglie con passeggini offroad, persone in bicicletta, e improbabili tricicli con un cassone sul davanti, in cui sono caricate provviste, tubi di plastica, assi di legno, e qualche occasionale persona anziana o bambino. Alla fine della strada, sulla costa nord, uno spiazzo – eliporto, un altro molo e un pontile di attracco per il traghetto. Un cartello avvisa, in svedese ed in inglese, che se si desidera che il traghetto faccia sosta, occorre tirare la corda per alzare un segnale su un palo (accompagnando il segnale con l’accensione di una luce, di notte). Sul pontile almeno tre generazioni di una famigliola prendono il sole, chiacchierano e pescano.
Una mamma arriva in barca ed accompagna i suoi due figli a prendere il traghetto, mentre altre persone ci raggiungono e si mettono in attesa.
Dato che nel cielo si ammassano nuvoloni lividi, ci incamminiamo per il ritorno, ed appena arrivati alla Steak House inizia a piovere una pioggerellilna fine fine, mentre a occidente il sole splende e si accinge a scendere. Fortunatamente è ora di cena (più o meno, essendo circa le sei), e ci accomodiamo al tavolo all’interno per un magnifico piatto di costine e pannocchie. Fuori dalla finestra, al riparo di una tenda, una famiglia di sette o otto persone, dal nonno al bambino sul seggiolone, si godono i loro piatti fra gli occasionali colpi di vento e le gocce che cadono qua e là fra una tenda e l’altra. Fortunatamente la pioggia smette, e possiamo spostarci ad aspettare la nave del ritorno nella sala d’attesa, che è una graziosa casettina di legno, con una veranda con panchine, l’interno decorato con disegni di pesci, ed uno scaffale con libri in svedese ed in inglese.
Mentre aspettiamo, capiamo per quale motivo la cameriera ci abbia chiesto se potessimo liberare il tavolo appena possibile: da varie direzioni iniziano ad arrivare piccole barchette o gommoni, con famiglie che vengono dalle isolette vicine a cenare fuori. Adulti, anziani e bambini indossano i loro giubbotti di sicurezza fosforescenti, e all’attracco, coscienziosamente, ciascuno fa la sua parte per assicurare la barca al molo. Nel frattempo, un po di varia umanità si unisce alla nostra attesa, villeggianti domenicali e persone che si spostano con i loro zaini e trolley, mentre il mare si accende di miliardi di riflessi.
Lungo il viaggio di ritorno, che arriverà a Stoccolma dopo le dieci e mezza, alcune persone sonnecchiano in cabina, mentre un paio di coppie imbacuccate in un panno di lana, ed una serafica signora anziana con K-Way blu, si guardano intorno beati. Uno sprazzo di pioggia regala uno spettacolo fra i più belli che abbia visto qui sinora, un doppio arcobaleno completo che si innalza dall’acqua e vi ritorna, colorando delle sfumature dell’iride case ed alberi che vi passano attraverso, e riflettendosi sull’acqua increspata. L’arcobaleno resiste quasi fino al nostro arrivo in città, mentre ad occidente il sole accende le nuvole d’oro, di arancione e rosa, prima di arrendersi alle luci delle insegne e delle finestre.