La burocrazia svedese

Il primo passo da compiere per esistere, in Svezia, è ottenere il proprio Personnumber.
Si tratta dell’equivalente del nostro codice fiscale, e senza di esso non si può fare NULLA. Non si può aprire un conto in banca, non si può sottoscrivere un abbonamento a Internet o al telefono, non si può avere un certificato di residenza o iscriversi a un corso di lingua svedese, figurarsi acquistare una macchina.
In Svezia si può cambiare nome con un semplice modulo e 400SEK, ma se dichiari di avere perso o di volere un nuovo Personnumber, vieni portato direttamente in neuropsichiatria.
Agli immigranti viene assegnato un numero provvisorio (senza le ultime quattro cifre), che viene poi confermato in seguito. Io, avendo già lavoro, dovrei essere titolare di un numero definitivo.

Per ottenere un Personnumber occorre una buona dose di pazienza ed una serie di cartellini col numero “turn-o-matic”, come al banco salume della coop; la procedura è simile ovunque: una prima fila allo sportello “Informazioni” ti consente di sapere quale dei vari pulsanti del “turn-o-matic” premere. Poi ci si accomoda in una sala piena di sedie, panchine e tavolini, con tuti i moduli possibili e immaginabili a disposizione sulle rastrelliere. Vari tabelloni indicano a quale sportello rivolgersi con quale numero. Inteligentemente, gli sportelli pubblici sono aperti con dalle 8 alle 18 (e dalle 8 alle 16 il sabato).

La prima cosa da fare è recarsi al Migrationsverket, dove presentare la domanda di residenza e una specie di “permesso di soggiorno”. Fortunatamente qui la fila per le persone di provenienza UE è abbastanza snella, e la procedura semplice semplice. Davanti a ogni sportello c’è una sedia ed un “separè” di vetro con una tenda. Sulla sinistra incombe una macchina simile a quelle che ci sno in alcuni aeroporti americani, con una macchina fotografica, uno specchio, delle luci, due rilevatori di impronte digitali ed un metro per l’altezza. Grazie a Dio (e a Shenghen, probabilmente) non ho dovuto utilizzarla.
In due minuti, l’impiegato Johan Smith (?!) dichiara accettata la mia richiesta, e mi stampa un bel modulo in Svedese.

Il passo successivo è lo Skatteverkets, ovvero ufficio anagrafe o ufficio delle imposte. Sono infatti lo stesso ente, la vera “polizia burocratica” dello stato.
Dopo una fila decisamente più lunga ho consegnato il contratto di assunzione della mia azienda, il passaporto e la dichiarazione del Migrationsverket, l’impiegata ha fotocopiato il tutto e ha detto di attendere fiducioso. Il Personnumber mi verrà recapitato per posta, nel giro di due, massimo tre settimane. Nel frattempo, rimango a tutti gli effetti un turista.

Dato che dalle informazioni che avevo raccolto sapevo che era necessario comunicare la propria presenza anche all’Ambasciata italiana per l’iscrizione all’AIRE (Associazione Italiana Residenti all’Estero), sono andato a compiere il mio dovere.
L’Ambasciata Italiana è in una villa sulla cima di una collina nell’isola più verde e prestigiosa di Stoccolma, lo Djursgarden, vero e proprio “Central Park” della capitale.
La cancelleria è invece una specie di bungalow di legno al quale si accede dal retro, ed è subito Italia.

Intanto è aperta dalla 9.30 alle 12.30. Una volta entrati, mentre si attende il proprio turno, si può notare che il turn-o-matic c’è ma è spento, su un tavolino la luce al neon si accende e si spegne, illuminando a intervalli irregolari un cartonato che invita a raccogliere un volantino sui diritti/doveri di iscrizione all’AIRE. Di volantini, però, non ce ne sono.
Sul tavolino fanno bella mostra di sè dei volantini che annunciano il prossimo festival pucciniano di Stoccolma, il due giugno. DuemilaSETTE.
In bacheca una simpatica affissione: un tale signor Sgamuffa ha chiesto ed ottenuto che al proprio cognome venisse affiancato quello materno, dato che ha intenzione di sposare una ragazza svedese, ma che per una spiacevole coincidenza linguistica la parola “muff” in svedese indica in modo gergale i genitali femminili.
Allo sportello un gentilissimo impiegato sta spiegando qualcosa ad una ragazza, in quello che è inequivocabilmente svedese parlato con accento campano. Dopo una mezz’oretta tocca al ragazzo prima di me, che a sua volta deve aspettare la conclusione di una telefonata privata dell’impiegato.
Alla fine tocca a me, ed in effetti vengo informato che fare ora la registrazione non avrebbe troppo senso, visto che sarebbe poi da rifare una volta ottenuto l’indirizzo definitivo.
Devo aspettare che arrivi il Personnumber e che mi sia trasferito a un indirizzo stabile, dopodichè dovrò recarmi allo Skatterverket più vicino per ottenere un certificato di residenza detto “Personnbevise”, e quindi finalmente recarmi in ambasciata per l’iscrizione all’AIRE, e in modo che l’ambasciata comunichi il cambio di residenza al mio comune.

Rimango quindi in attesa del postino; non oso immaginare cosa potrebbe succedere se a causa di qualche ritardo il Personnumber non arrivasse prima del 31 agosto, data del trasloco.
Nel frattempo, mi concentrerò sul mio ruolo di turista.