Ufficio e casa numero due

La mattina ho lasciato l’albergo alle nove e mezza; nel parcheggio, un gruppetto di turiste tedesche osserva un tizio che sta scalando la parete frontale del palazzo, attrezzata a palestra di roccia.
Il tempo di girare attorno all’isolato, e sono in ufficio ad avvisare che sono arrivato, e a ritirare le chiavi di casa numero due.
Mi apre la porta Karin, con il consueto sorriso, che mi fa accomodare. Oltre ad una tazza di caffè è a un pacchetto di cantucci, ha un sacco di novità per me. Conosco Petra, la persona a cui dovrò far riferimento. Ha cira la mia età, è alta qualche centimetro più di me, con occhi azzurri e lunghi capelli chiari. Poi incontro un altro collega (da quando ho accettato l’assunzione i dipendenti sono passati da 50 a circa 70) che ha vissuto per un po in Italia, e poi vado a conoscere il mio nuovo ufficio, che condividerò con due colleghe, a quanto pare nuove anch’esse.
Il mio PC è in alcune scatole sulla scrivania, direi che l’assemblaggio sarà il mio primo incarico. Ogniuno è responsabile del proprio computer.
Qualche chiacchiera, e poi la consegna del telfono, dei biglietti da visita e di qualche documento.
Mi sono stati assegnati due numeri: il cellulare vero e proprio, su cui ricevere gli SMS, è +46 733 370864. Ho poi un altro numero, che essendo di rete fissa è decisamente più economico da chiamare (soprattutto dall’estero 😉 ), ed è +46 8 41062310 (“08” è il prefisso di Stoccolma). Il bello è che anche questo numero è rediretto allo stesso cellulare, per cui… due numeri, un solo apparecchio.
Il cellulare è un Ericcson 3G, ed è quello che attualmente mi consente di scrivere questo post, dato che nel contratto dell’azienda sono incluse alcune centinaia di Mb di traffico al mese.

Lasciamo l’azienda al seguito di Karin, per raggiungere un quartierino residenziale di Bromma, un distretto a Ovest del centro. Qui, parallele alla Tunnelbana che viaggia in superficie, corrono alcune strade principali a due corsie, dalle quali si dipartono delle traverse piccole e strette, il più delle volte a senso unico,  che salgono su colline rocciose e ricoperte di alberi. Sparse qua e là ci sono “stecche” di appartamenti, su due o tre piani, e che quasi mai si affacciano direttamente sulla strada. Buona parte dei quartieri residenziali sono fatti in questo modo.
Lungo una di queste stradine c’è Gustav III:s Väg 13, ovvero la mia casa numero due.
Il vialetto di ingresso è quello di un parco / asilo pubblico, con gabbie di conigli e una piscinetta profonda meno di una spanna, in cui stanno sguazzando educatamente una decina di monelli e monelle.
L’edificio è una “stecca” faccia a vista di tre piani e una dozzina di appartemaenti, in due scale da sei.
Arriva subito Celine, la padrona di casa, che avrà circa venticinque anni, e in due minuti mi mostra la casa.

L’appartamento è piccino ma completo, al piano rialzato. E’ composto da una zona giorno e da tre piccole stanzine con bagno, cucinotto e letto.
Da tutte le finestre entra molta luce, filtrata dagli alberi. Un balconcino si affaccia sul parco, di fianco alla porta d’ingresso.
Al piano di sotto, una lavanderia comune, con due lavatrici e un’asciugatrice industriali della Miele, che non mi faranno rimpiangere certo Beatrice (la lavatrice) ed Alice (l’asciugatrice) di San Martino.
Un breve scambio di convenevoli e le chiavi passano di mano, Celine e Karin si congedano. Un breve controllo dell’eventuale presenza di reti wireless aperte (accidenti, nemmeno qui, su una decina di quelle rilevate), si appoggiano le valige e si va a cercare un posto per pranzo. Il pomeriggio è dedicato alla spesa e al pellegrinaggio all’Ikea, se non altro per un tavolo al quale ci si possa sedere in più di du— ci si possa sedere, ecco. (il tavolo nelle foto è quello acquistato)