In questo saggiol’autore cerca di capire quale postesse essere la motivazione che spinse i soldati tedeschi della Seconda Guerra Mondiale a comportarsi in modo tanto efferato e crudele verso altre persone, nella fattispecie la popolazione ebraica della Polonia occupata. Lo strumento è una serie di tesimonianze e resoconti delle azioni del battaglione 101 della polizia “ordinaria”, che aveva lo scopo di controllare i territori occupati mentre l’esercito era dislocato al fronte.
Il titolo “Uomini Comuni” rappresenta la tesi secondo la quale quelle azioni non furono compiute da una squadra di pazzi sadici antisemiti, ma da persone che le circostanze portarono a comportarsi in quel modo.
Come descrive nella prefazione l’autore, è impossibile approcciare il messaggio di questo libro senza accettare inconsciamente la possibilità che noi stessi, al posto dei soldati avremmo potutto comportarci allo stesso modo.
Questa accettazione va nello scopo di comprendere e non di assolvere, dato che parte integrante della ricostruzione è la dimostrazione che esistessero comunque ampie possibilità di scelta in senso contrario.
I primi 11 capitoli sono grossomodo ricostruzioni degli eventi storici, con citazioni di testimonianze e racconti, che vanno dalle prime operazioni di “ordine pubblico” del 41 alla Erntefest dell’inverno 42-43, la “festa del raccolto” (sic) in cui con uno sforzo concentrato e coordinato si uccisero decine di migliaia di ebrei, in rafforzo all’attività congestionata dei campi di lavoro.
Il cuore del problema viene descritto nell’ultimo e riepilogativo capitolo, in cui si dimostra appunto che quelli all’opera erano “uomini comuni”. Alla fine il panorama è chiaro, anche se lo scopo è la diomstrazione dell’azione dei processi sociopsicologici, più che la loro spiegazione dettagliata e al di fuori del contesto (argomento, questo, motivazione iniziale della mia lettura).
Una vera e propri rivelazione è la postfazione, in cui l’autore difende il proprio punto di vista dagli attacchi dello scrittore di un’altro importante saggio sull’argomento, J.D.Goldhagen (“I volenterosi carnefici di Hitler”).
Quest’ultimo esclude tutte le possibili motivazioni e scusanti psicologiche, e riassume asserendo che tutti i partecipanti agli eccidi furono volenterosi, sadici e massacratori, figli di una cultura dell’odio senza precedenti nella storia umana, basata completamente sugli istinti antisemiti della nazione Tedesca, che Hitler avrebbe semplicemente esaltato e girato a suo favore.
Proprio attraverso il confronto delle due opinioni si capisce la loro diversità profonda. Secondo la mia opinione la seconda ipotesi è essenzialmente l’equivalente controparte di quel pericoloso pensiero assolutista e generalizzante che disprezza.
Insomma, davvero una lettura densa di spunti di riflessione.