Marina Inn, Dingle, 20 Luglio 2006, 20:40
Oggi ho percorso il rinomato “Ring of Kerry”. Essendoci molte penisole, le strade che percorrono la costa per tornare poi al punto di partenza sono chiamate “ring”, anello. Il più famoso è, appunto, quello che circoscrive la penisola di Kerry. Beh, ci sono stati alti e bassi, ma le cose che hanno salvato la giornata non erano sulle guide del ring.
Tutto il primo tratto di strada era immerso in una profonda e fitta nebbia, per cui più che su ardite scogliere sembrava di girovagare nella bassa ferrarese fra Mirabello e XII Morelli.
Lungo la strada mi sono fermato a osservare alcuni forti dell’età del ferro, ossia delle grosse mura circolari fatte “a secco”, cioè accatastando sassi ad incastro.
A dispetto della descrizione che ne ho fatto sono costruzioni molto interessanti: il primo, lo “Staigue Fort”, ha una stupenda vista sul mare, anche se ho dovuto crederci sulla fiducia.
Poi ne ho “incontrato” uno senza nome e non indicato sulla cartina, lungo la strada fra Waterville e Cahersiveen. L’ultimo era alla fine di un campo, il “Leacanabuaile Stone Fort”.
Lì vicino, completamente abbandonato in mezzo a un pascolo, stava una delle attrattive più suggestive, il Ballycarbery Castle. Questa rocca è abbandonata dal 1400, e ne rimangono imponenti rovine tenute insieme con tutta probabilità solo dall’edera rampicante.
Non c’è nessuna recinzione ne cancello, per cui di può girovagare nella stanza seminterrata (l’unica rimasta intera), nei corridoi delle mura e nelle torri. Del piano superiore è rimasta una parte dalle ampie finestre, e qualche muro che si regge sulle arcate sottostanti.
Esplorare queste rovine è stato davvero come tornare bambino, e mi è parso fosse lo stesso per gli altri due turisti presenti.
Finito il “ring” ho provato a visitare Killarney, ma sia la città che i suoi tre laghi erano stipati di auto, ed ho fatto una coda che neanche in tangenziale a Milano mi era capitato di fare. Il tutto aggravato da insulsi calesse che spargevano letame e da autobus che spuntavano da dietro ogni curva.
Sono fuggito appena possibile verso Nord, per addentrarmi nella penisola di Dingle. Lungo la strada, inaspettato, uno dei posti più belli che abbia mai visto: dalla scogliera si dipartiva a perdita d’occhio una spiaggia dorata e larghissima. C’era la bassa marea (come al solito), e il bagnasciuga era così ampio e perfettamente liscio che le rocce e le nuvole vi si specchiavano.
Si tratta della spiaggia di Inch, dove secondo la guida hanno girato alcune scene di un film, che ora però mi sfugge.
Sono arrivato poi alla cittadina di Dingle, il solito caratteristico villaggio di rudi pescatori che è stato trasformato in attrazione turistica dalla presenza di un delfino che risponde all’improbabile nome di “Fungie”. Nel 1984 ha iniziato a frequentare il porto, e da quando un turista americano ha chiesto a un marinaio locale di uscire un barca per vederlo da vicino, il turismo è esploso. Ora sono al Marina Inn a fare le ore piccole, a battere il mio record giornaliero di pinte (due!) e ad ascoltare due musicisti che suonano canzoni popolari con chitarra e fisarmonica.
Di fianco a me il prototipo del marinaio, un uomo di età indefinita, due occhi grigi infossati e dalla folta barba bianca, col quale ho fatto due chiacchiere.
In realtà non è un marinaio (“che lavoro fai?” – “Lavoro in cucina” – “Ah, sei il cuoco!” – “… Lavoro in cucina.”) e non è irlandese. Visto che il barista è cecoslovacco, mi chiedo se finora io lo abbia mai incontrato, un irlandese!
Il locale sta per chiudere (sono le 11) ed il sole deve ancora tramontare!
PS: rettifico, il “cuciniere” si chiama Billy, ed è nato a Cobh, nella contea di Cork, a poche decine di chilometri da qui. Con “non sono nato qui”, probabilmente intendeva “non sono nato su questo sgabello di questo pub”.
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