Browne’s Hill, 4Km a est di Carlow, 17 Luglio 2006, 14:00
Probabilmente non l’avevano pensato per questo nel paleolitico, ma un Dolmen è un ottimo posto per
riposare all’ombra.
In realtà si pensa che potesse essere un portale per condurre i defunti verso la loro nuova vita,
oppure come grossa, stabile pensilina per aspettare l’autobus. Questo, aggiunto al fatto che nel
paleolitico gli autobus non esistevano, potrebbe spiegare il ritrovamento degli scheletri in perenne e
paziente attesa.
Sono arrivato su questa collina assolata dopo aver percorso una strada bellissima attraverso le
Wicklow Mountains.
Il lago (“lough”) Tay sembra uno specchio di zaffiro, e la strada con il suo muretto si snoda
attraverso le collinette di torba fino al Sally Gap.
Qualcuno di nome “KB” il 12 dicembre 2005 ha lasciato un foglio plastificato, fermato da un sasso, nel
punto più panoramico della piazzola che sovrasta il lago:
An Ode To Lough Tay I had felt the day before i come That there are some places us humans must shun, As a beautiful woman not always appreciates, Our whoops, our stares and our lewd gyrates, The road toward gave me signs of danger, A sheep's skull on a branch and ice an unwelcome stranger, Nothing could prepare me for the sight I was to behold, Repeating "This is not Wicklow", myself I told, As I slowly ascend into her womb, My toes slowly begin to sodden and go numb, An icy wind whips and cajoules, As i'm cautious of rocks and sullen bogholes, I'm drawn ever deeper still, As the lake is everything but, Wind radiates from the beach of sands, Causing white streamers on the surface- numbing my hands, As though I am not ever meant, For this place to document, Wind also creates little explosions, On the black oil slick as stars twinklings, As though the lake was created first, And the landscape fitted around its savage thirst, The wrap of forest courtsies suddendly to rocks and fissurese, Like a giant game of paper rock scissors, The tremendous kinetic power of the boulders, Poised as swords in holders, When they do finally decide to tumble and crash, I imagine leaves shook off trees with each splash, I spot a black dear, "what's that?" I hear, Yes a black Hadean dear I fear, Then without Warning, A battle cry... or shriek shatters the silence, Already frozen- I'm immediately tense, I spot more, Another declaration of War, I'm dead still, Stiller than the trees hidden from the breeze |
…e qui si interrompe. Avrei voluto scrivere la traduzione, ma ho rinunciato quando sono arrivato al
“kinetic power”. Non vorrei dire, ma forse KB era un ingegnere.
Da lassù sono sceso verso Glendalough, un posto bellissimo vicino a due laghi, in cui un lungo
sentiero (“Green Road”) passa attraverso un’antica abazia cistercense (lo so, un’altra!), fino ad
arrivare in mezzo al boscodove viveva St.Kevin, che cercava pace e isolamento, ad attirò una delle più
grandi e ricche comunità ecclesiastiche.
Sicuramente se ne sarà rattristato, ma non sa quanto sarebbe potuto andargli peggio, se fosse vissuto
fino ad oggi per sentir schiamazzare scolaresche che raccontano ad alta voce barzellette sconcie con
forte accento romanesco.
Da lì ho imboccato la strada per il passo Wicklow, sono arrivato a Hollywood (!) e ora sono qui. La
mia meta finale è Kilmore Quay, un villegio di pescatori sulla costa sud.
Giardini del Johnstown Castle, 17 Luglio 2006, 16:30
Lasciate alle mie spalle le montagne, si comincia a respirare aria di mare. Ora sono in giro per i
venti ettari del giardino del Johnstown Castle, un’imponente villa “turrita” costruita nel XIX secolo
da ricche famiglie (inglesi), e ora sede dell’ente per la protezione ambientale e di un museo
sull’agricoltura, con una sezione dedicata alla grande carestia.
Kilmore Quay, 17 Luglio 2006, 19:00
Kilmore Quay è un paesino che conterà sì e no duecento abitanti, nonchè quattro pub. L’agglomerato
urbano si può riassumere in Main Street, con i suoi cottages tradizionali dal tetto di paglia, in una
spiaggia resa lunghissima dalla bassa marea, nel porto con i suoi pescherecci, e in un parcheggio
davanti a un’area industriale. Su tutto, regna sovrano il profumo del mare.
Non so perchè questo posto mi affascini tanto, forse è la sua… autenticità . Credo che nei prossimi
giorni avrò modo di ragionare più a fondo sull’argomento: l’autenticità è un valore di cui il turista
“serio” va in cerca ma che è destinato a non trovare, dato che la sua stessa presenza ne incrina
l’essenza.
Comunque.
Sono sulla punta estrema del molo, e intorno a me si stanno svolgendo alcune divertenti scenette: una
foca si aggira in perlustrazione nella darsena, un signore sulla settantina, poco lontano, è fasciato
in una muta da sub e perlustra sotto le barch per cercare di recuperare un telefono cellulare caduto
lì chissà come, e tre ragazzi buttano in acqua una campanella d’argento e fanno a gara per recuperarla,
aggiungendo come simpatica variante il tuffarsi dalle murate d’ingresso del porto, che saranno alte 5
o 6 metri.
Proseguendo oltre il parcheggio mi sono rinfrescato con una manciata della montagna di ghiaccio usata
per il trasporto del pesce (l’odore è inequivocabile), e ho visitato un piccolo monumento dedicato ai
dispersi in mare, costruito con una colletta dalla comunità locale.
Adesso, in attesa del tramonto sul mare (ci vorrà un bel pò), vado a mangiare in quello che la Lonely
Planet definisce “uno dei pub dove si mangia meglio di tutta l’Irlanda”, il Kehoe Pub & Parlor.
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autenticità: mmm…
non sono d’accordo sul fatto che finisca sempre per sfuggire perché la sua percezione ne mina l’esistenza.
la differenza la fa chi guarda e in quale modo: l’occhio di chi tende a un approccio razionale (mi ci metto anch’io!) vede la realtà come altro da sé e al suo interno tenta di discernere il vero dal falso. in questo modo si trova solo la sensazione di un’autenticità labilissima, trovata e persa perché percepita e analizzata.
l’autenticità sta prima dell’analisi:la trova chi vive la realtà come un flusso di cui è molecola, vive e non analizza.
giorni fa mi sono fermata per strada (inchiodata, inversione a U) per permettere a un’amica di fotografare una casetta in stile con ponticello di legno, fiori e lampioncini: le ho detto: “E’ fintissima!” mi ha risposto lei: “E’ bellissima…”
tutto questo per dire alla fine: beato chi ci riesce..
Sì, è vero che viene percepita più a livello emotivo che razionale, per cui chi non analizza è più facile che ne goda. D’altro canto non si può prescindere dal modello di riferimento, necessario per far sussistere il concetto di “autentico”. Per la tua amica, il concetto di “autentico” era la casetta bucolica, probabilmente perchè si avvicinava al suo immaginario ideale.
Dato che il mio modello (perlomeno in quel contesto) escludeva la presenza di elementi estranei, io (soggettivamente) ero costretto a vanificarne il riscontro.
Una specie applicazione turistica del principio di indeterminazione di Heisenberg, insomma.
Del resto, non si può neanche evitare di andare in un posto per timore di vanificarne l’esperienza ideale, cercando di tenere in vita un ipotetico gatto di Shrodinger.
E’ vero anche che, dopo la seconda pinta di Guinnes, tutto assume contorni più sfumati 🙂
viva la Guinnes, allora!
..mi sa che devo riaprire il libro di filosofia in garage..
🙂 Più che altro è fisica quantistica 🙂 🙂
In realtà sono stato colpito proprio dal tuo approccio filosofico, cosa rara al giorno d’oggi! Con chi ho l’onore di parlare?
opporc..(per la quantistica figuraccia)
se potessi scegliere vorrei essere l’incrocio tra Lauren Bacall, Michele Mercier e Margherita