
Aeroporto di Bologna, 13 Luglio 2006, 19:30
“… deduco, quindi, che siamo pronti per partire!” Così scrisse una mia amica nella dedica di un libro di fiabe
irlandesi che mi regalò nel Natale del 1995.
La deduzione si rivelò piuttosto errata, perchè il programmato viaggio in Irlanda saltò e non vide più la luce,
perlomeno fino a oggi, 10 anni dopo.
Arrivo in aeroporto dopo essere uscito dall’ufficio e, vuoi perchè è giovedì sera, vuoi perchè viaggio da solo, mi
aspettavo di essere praticamente l’unico a fare il check-in.
Invece mi ritrovo davanti a un intero contingente da sbarco italiano, pronto ad invadere le strade di Dublino, tanto
che mi chiedo se ci sarà posto per tutti.
L’assortimento è quello tipico degli italiani in vacanza, famiglie, coppie di anziani in tenuta da esploratore,
persino la Dinamica Coppia, due ragazzi sulla trentina che si presentano al check-in organizzatissimi, con la Lonely
Planet sottobraccio e il biglietto comperato su Internet, e che si tengono per mano.
Fra tutti spicca una famiglia irlandese di ritorno in patria: madre, padre, tre figlie e un monello, tutti con occhi
azzurri e capelli rossi, in ottemperanza agli stereotipi. Mi fanno simpatia (sono di un’allarmante tinta color
scottatura solare), provo ad avvicinarmi per ascoltare il loro accento ma c’è troppa confusione; direi che avrò
tempo per conoscerlo a fondo, nei prossimi giorni!
Io non devo essere troppo folcloristico come turista, visto che l’addetto alla sicurezza legge il biglietto e mi
indirizza cortesemente “to the left”. In compenso la ragazza del controllo bagagli guarda il mio zaino nel monitor,
e mi chiede se lì dentro ho una “pochette”: imbarazzato, non posso che rispondere “non so , cos’è?”, ma questo non
mi attira le sue simpatie, e devo svuotare tutto.
Comunque sono qui all’imbarco, fra poco si parte.
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