Oceano Mare di Alessandro Baricco


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Questa lieve favola dedicata al mare è fin troppo lieve per lasciare il benché minimo segno sulla pelle ispida di chi ama nutrirsi di coinvolgimenti potenti, totali.
Le storie di vita degli ospiti della Locanda Almayer, un po’ magiche, un po’ strambe, che trovano epilogo o senso davanti al mare, raggiungono al massimo la grazia epidermica di un acquerello da artista di paese.
Non dubito che la vaga poesia profusa da Baricco in queste pagine -non supportata peraltro da inventività linguistica o creatività formale- regali ai più l’illusione che si stia leggendo un bel libro; ma la figlia del barone allergica alla vita, lo scienziato che scrive lettere all’amata futura, l’affascinante fedifraga al confino, l’ex naufrago vendicatore, sono figurine trasparenti, tanto quanto l’ultimo misterioso ospite della Locanda, la cui apparizione improvvisa più che sorpresa genera un senso di posticcio, dovuto forse al fatto che sembri un confuso alter ego dell’autore, portavoce di una sorta di manifesto poetico con cui si chiude questo romanzo. Cerebrale e illusorio.