Un gruppo di ricerca dell’ESA sta studiando un sistema per porre riparo alle microcrepe che si formano sull’involucro esterno delle astronavi, a causa di stress termici o dell’impatto di microasteroidi (granelli di polvere che viaggiano a svariati km al secondo!).
Dato che queste crepe sono di difficile individuaizone, riparazione (nello spazio) e possono crescere fino a compromettere tutta la struttura, si è pensato a un sistema autoriparante, con meccanismi simili a quelli della nostra pelle.
Quando ci tagliamo, infatti, il sangue fuoriesce dalla ferita, riempe il taglio, e poi, reagendo con l’aria, si secca formando uno strato protettivo che consente alla pelle sottostante di ripararsi.
Ebbene, questi ricercatori dell’European Space Technology Research Centre (ESTEC), hanno pensato di includere nel materiale con il quale è realizzato l’involucro esterno delle microscopiche “fiale” di vetro.
Essendo fragili, queste possono rompersi in seguito ad un trauma, e rilasciare le sostanze adesive al loro interno. Due diversi tipi di “sangue” reagiscono fra di loro, avviando il processo di solidificazione in assenza di aria.
Questo sistema permetterebbe, secondo le prime stime, di raddoppiare la vita delle astronavi, permettendo la diminuzione dei costi delle missioni, ma anche di poter intraprendere viaggi lunghi, che con la tecnologia attuale sono rischiosi anche per l’eventualità di danni all’involucro esterno.
Dichiarano che ci vorrà una decina d’anni per poter impiegare questa tecnica su larga scala, a me sembrano anche ottimisti.
Via [Science Blog], in inglese.