Versione 1.0
(c) Mauron, www.boffardi.net, Gennaio 2005.
Compendio delle regole del Pigugno, visto che su Google non se ne trovano (e per quello che mi risulta, se non e’
su Google non esiste).
Attenzione, questa e’ UNA versione. Ciascun bar, bisca, aula scolastica ha le sue regole…
Una variante molto conosciuta in America e’ Hearts, che fra l’altro c’e’ anche in Windows, ma che si gioca con carte diverse.Allora: per giocare a Pigugno ci vuole un mazzo di carte Piacentine, tipo queste:
,
e tanta, tanta cattiveria. Il Pigugno si gioca rigorosamente tutti contro tutti, infatti, e sempre e solamente in
quattro.
Scopo del gioco
Per segnare i punti, si traccia una croce su un foglio, si assegna un “braccio” a ciascun giocatore, e su quel
braccio saranno segnati dei pallini di penalita’ (le “busche”). Chi raggiunge le 10 busche perde (“esce”), ma
rimane in gioco. La partita si conclude quando due escono (e pagheranno quindi pecunia ai due rimasti), oppure ad
oltranza quando escono tre giocatori.
Valore delle carte
Le carte hanno due tipi di valore: uno “nominale” e uno che viene usato per contare i punti alla fine di ciascuna
mano.
La scala “nominale” parte dal basso con il quattro, arriva al sette, fante, cavallo, re, poi Asso, due e tre.
Il Pigugno e’ il Fante di Spade, e vale (durante il gioco) ne piu’ e ne meno che gli altri fanti.
Come si gioca
Il mazziere distribuisce 10 carte a testa. Il giocatore alla sua destra inizia la prima mano, mettendo in tavola
una carta. Gli altri giocatori, proseguendo in senso ANTIORARIO, devono rispondere obbligatoriamente con una carta
dello stesso seme. Se non ce l’hanno, “rifiutano” e scartano una carta a scelta.
Non e’ consentito giocare il Pigugno durante la prima mano, a meno che il primo giocatore non abbia giocato una
carta di Spade e il Pigugno sia l’unica carta di spade in proprio possesso (ossia, e’ “secco”).
Il giocatore che fra i quattro ha giocato la carta piu’ alta prende le carte sul tavolo, le conserva coperte (ha
fatto una “copertura”), e inizia una nuova mano.
Lo scopo del gioco e’ effettuare ALMENO UNA copertura, prendendo pero’ la minor quantita’ di punti possibile
(anche zero, se possibile).
In dieci turni le carte finiscono, ed e’ ora di tirare le somme.
Assegnazione delle Busche
Se un giocatore non ha coperto si prende due penalita’ (“busche”). Se invece tutti hanno coperto, si assegna una
busca a chi ha preso il Pigugno e una a chi ha fatto piu’ punti.
I punti si contano all’interno del mazzo delle coperture di ciascuno: le carte dal quattro al sette non valgono nulla. Le figure (Pigugno compreso), i due e i tre valgono un punto,
mentre gli assi valgono tre punti. Altri tre punti sono “in omaggio” a chi ha preso l’ultima mano.
In totale i punti sono 35, per cui si fa presto a fare i conti.
Colui che ha preso il Pigugno e’ il mazziere, e da le carte per una nuova mano.
Quindi, a ogni distribuzione della carte si assegnano due Busche, ma ci sono delle eccezioni:
Esempi:
Prenderemo dei nomi di assoluta fantasia: Mario, Buzzi, Cippa, Il Gelataio.
Strategia
A parte il calcolo dei punti (che poi e’ molto piu’ semplice di quello della determinazione della Primiera a Briscola, che per me va ancora molto a sensazione), il gioco e’ semplicissimo. Come tutti i giochi semplici, ci sono molte insidie strategiche.
La “decima”: Visto che ci sono 10 carte per ciascun seme, e che le mani sono da quattro, dopo due mani dello stesso seme (se nessuno rifiuta) rimarranno due carte, e si sapra’ anche quali. Ad esempio:
Mano 1: Buzzi gioca il 3 di denari, e tutti rispondono a denari: Mario gioca l’Asso, Cippa il Re e il Gelataio il 6. Buzzi copre.
Mano 2: Buzzi gioca il 5 di denari, Mario il Cavallo, Cippa il Fante, Il gelataio il 7. Copre Mario.
A questo punto tocca a Mario, che ha anche il 4 di denari. Mario sa che e’ rimasto in giro anche il due, per cui, visto che e’ un bastardo spietato, lo gioca. Uno degli altri sara’ costretto a prendere con il 2, mentre gli altri potranno rifiutare e scaricare dei punti degli altri semi, magari un asso, altrimenti addirittura il Pigugno.
Tirare Attivita’ estremamente rischiosa, se non si sa bene quello che si sta facendo. Il Gelataio ha 3,2,Asso, Re di Bastoni, 3 e 2 di Coppe, 3, 2 e cavallo di spade, e il quattro di denari. Con queste carte, e’ certo di prendere 9 mani, quindi cerchera’ di far stare fuori qualcuno. Sa anche che con il quattro e’ impossibile che prenda, per cui al massimo fara’ coprire un giocatore (“ne porta una”). Se il suo diabolico piano riesce, fara’ stare fuori due giocatori, facendo segnare loro due busche. Se per qualche malaugurata sorte gli altri tre riescono a coprire (per esempio, le prime mani sono tutte a denari), Il Gelataio si becchera’ un mare di punti. L'”escalation” delle busche, in rapporto ai punti, serve proprio ad evitare che uno cerchi di tirare con troppa facilita’.
Pecunia
Un gioco di carte non e’ degno se non ha una piccola puntata. Sebbene siano riportati casi estremi di poste da pagare per ciascuna singola busca, noi giochiamo con una posta di tre euro a partita. i due che escono pagano tre euro ai due rimasti in gioco. Se in un colpo solo escono in tre, tutti e tre pagano il superstite.
Variante a 5, o 6: Capita spesso di trovarci in cinque. In questo caso, un giocatore a turno “sta giu'” e fa giocare gli altri quattro. La partita termina quando escono in tre. Dei due rimasti, chi ha meno busche prende 6 euro, l’altro tre.
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Caro Mauron
mi hai fatto tornare indietro di anni alle notti passate a giocare nel furgone mentre si facevano le trasferte tra i teatri di mezza Italia per montare e smontare le scenografie. Non vedo l’ora di far riscoprire ad alcuni amici quei ricordi e a coivolgere i neofiti alla passione per un gioco scaltro, ma tanto tanto di compagnia (ogniuno gioca per se, tutti contro tutti, ma tutti appassionatamente insieme a giocare), alla faccia di banalissimi e commerciali giochi di società.
In quei di Modena e provincia, ci sono persone che ti ringraziano, io per primo! ciao e buon 2005
Alberto
Ovviamente scatenerai il forum… da parte mia: 1) non è esatto che la partita finisca quando DUE giocatori “escono”…finisce anche se UNO solo va a VENTI (e questa non è una variante, è l’ABC del Pigugno, sumarùn) 2)il calcolo dei punti è MOLTO più semplice di quello della primiera a briscola, anche perchè non mi risulta che a briscola ci sia la primiera… 3) hai omesso una cosa importante: nel gioco a 5 (o 6…), che “sta giù”, di regola deve intossicarsi di schifezze (preferibilmente dixi, fonzies o patatine, meglio se vecchie) e bere e ROVESCIARE liquore.
Ok, ti aspettavo al varco, e quindi guerra sia>
1) ok, noi non l’abbiamo mai applicata (probabilmente proprio per il mio bene)
2) eh, volevo vedere se eravate attenti 🙂 comunque, quel’e’ la regola univoca della determinazione della primiera a scopa? Soprattutto se ci sono due sette per uno?
3) Giusto per le schifezze (di fatto la ciotola “gira” fra i giocatori), ma rovesciare il liquore solo se c’e’ la tovaglia verde 🙂
Alberto, anche noi siamo di Modena (o oriundi) ! Di che zona?
3° CAMPIONATO
MONDIALE di PIGUGNINO
Lunedì 27 febbraio 2012 D.C. ore 19.30
Presso
“Castello di Levizzano Rangone – Modena”
GARA A PREMI
(al raggiungimento di 64 iscritti)
1° classificato: TV LED 40” + Prosciutto di Parma (18 mesi riserva)
2° classificato: TABLET + Parmigiano Reggiano (24 mesi)
3° classificato: SMARTPHONE + Lambrusco Grasparossa
4° classificato: FOTOCAMERA DIGITALE + Nocino Riserva “Santa Chiara”
Nel corso della serata sarà disponibile un Punto Ristoro Enogastronomico
ISCRIZIONI (25Euro) entro il 19 febbraio 2012 presso:
Bottiglieria “Divin Leone” Levizzano 059 791520
Pub “L’Artista” Levizzano 059 791330
Info e regolamento su facebook – fante di spade
Mail: pigugno@hotmail.it
NB: il vincitore avrà diritto alla custodia del trofeo Mondiale sino alla prossima edizione
Al cutecc’ – Il cotecchio – modi di dire e usi carpigiani
Il cotecchio … al gran zògh dal tròji
di Mauro D’Orazi v 33 del 9-9 2011
Pubblicato in parte su La Voce di Carpi n 7 del 18 feb 2010
Io non sono mai stato un gran giocatore da carte, non sono tagliato e quando uno lo capisce, è meglio rinunciare. Però di fronte a un’ offerta di fare un partita a cotecchio non so dire di no. Infatti in questo gioco si è da soli, senza la rottura di dover rispondere a un compagno esigente e fastidiosamente critico nei tuoi confronti.
Il giocatore deve dunque rispondere solo a sé stesso e chi sbaglia paga subito e pesantemente gli errori commessi. Una breve premessa sulle regole a Carpi. Si gioca in quattro giocatori con le carte da briscole. Le regole sono simili a quelle del tresette, ma all’inverso; infatti il giocatore perdente è quello che realizza più punti. Lo scopo del gioco è quello di non prendere, ma si ha l’obbligo di rispondere al segno giocato. In ogni caso si deve effettuare però almeno una presa, altrimenti si è perdenti. A volte si possono creare tacite alleanze tra due giocatori per non permettere agli altri due giocatori di effettuare alcuna presa; in questo caso, il punteggio vale doppio. Si può verificare il raro caso di un giocatore che riesce a non permettere nessuna presa agli avversari; il punteggio viene triplicato per i perdenti. Le carte hanno un loro punteggio: gli assi valgono tre e le figure uno, chi fa l’ultima mano si fa carico di tre punti aggiuntivi.
In ogni partita i punti in ballo sono 35 (32 +3). Fino a 14 punti si paga una busca, fino a 17 = due, fino a 20 = tre, fino a 23 = 4, fino a 25 = 5; dopo i 26, ogni punto una busca. Terminata la partita si assegnano le busche solo a chi ha fatto più punti. I primi due che arrivano a 10 busche escono e perdono, ma se un giocatore arriva a 20 perderà solo lui. Il gioco ha tante varianti regionali e provinciali e di conseguenza tanti nomi: traversone, busche, rovescino, matassa, vinci-perdi, ass’ e mazza, alla meno, tressette a non prendere, tressette a perdere e ciapa no. Della terribile variante carpigiana con il Pigugnino ne tratteremo alla fine.
La simbologia del gioco sta nel riuscire con abilità e fortuna a schivare i colpi e le responsabilità dell’esistenza umana.
Ma lo scopo sottile e intimo del gioco è il dileggio spietato dell’avversario, fatto sia dagli altri giocatori, ma anche dagli spigolisti autorizzati con diritto di parola. Il dileggio scatta in varie occasioni: quando uno va venti e paga per tutti, quando uno prende su degli assi, quando uno paga molte busche in un singolo segno, ecc … La derisione ha un esplicarsi corale e progressivo che si protrae nel tempo.
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Il noto scrittore carpigiano Carlo Alberto Parmeggiani ritiene invece, con autorevole parere, che il cotecchio, fra i veri giocatori, debba essere considerato il “gioco delle carogne, ovvero al zògh dal tròji”, per cui ci vogliono delle autentiche e ferrate doti in questo senso. Infatti basta poco per cambiare di nascosto un’alleanza e dare addosso a chi è messo male in arnese, anche se è l’amico con il quale vai a donne, oppure in gita. Il cotecchio è sì, il gioco del dileggio, ma soprattutto è il gioco che genera un diabolico prestigio e stabilisce una gerarchia fra conoscenti o amici. Infatti il “tradito”, il perdente, anche se bravo, e che magari fino a poco prima aveva goduto di rispetto e di alleanze sottaciute dai più pavidi e meno capaci, spesso e volentieri si allontana umiliato, da sconfitto, dai tavoli da gioco per giorni, se non per dei mesi interi. Il Parmeggiani ama ricordare, con grande soddisfazione, che quando mandò a venti il più grande giocatore che egli abbia conosciuto (Franco Benzi lo zio di Tito Ligabue, che in terza mano sapeva già chi aveva certe carte in mano), per la vergogna, il poveretto si rifugiò a San Remo per tutta l’estate, tornando poi a coda bassa a settembre inoltrato, deciso a fargliela pagare in ogni modo.
Il vero gioco, per i veri giocatori, dunque non consiste nel salvarsi dai “colpi e dalle responsabilità dell’esistenza umana”, bensì nell’imporre la propria supremazia e il proprio prestigio sugli altri e soprattutto sul destino. Ciò anche quando questo non metta in mano che delle brutte carte per la vita. E’ filosofia e ferrea matematica applicata, dove una sola momentanea distrazione è sufficiente per perdere il controllo delle giocate altrui e scatenare un tracollo emozionale. Tracollo di cui gli altri, i più avveduti, i più bravi, i più carogna, ne approfittano in meno che non si dica. Questo avviene anche correndo magari a volte il rischio, come talora è capitato, di uscir fuori a far cazzotti. Chi gioca invece per solo salvarsi, lo fa per passatempo ed è spesso definito ironicamente “estroso”, poiché dimostra di non capire il gioco, facendo giocate illogiche, se non addirittura strampalate. Ma tanto, dopo qualche “raggio”, se costui non è cacciato via in malo modo, lui stesso si alzerà da solo e tornerà a casa, come se fosse andato al cine.
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Ma ecco alcune delle frasi tipiche carpigiane che caratterizzano il gioco dal cutecc’ (… o anche cuteg’ come ci informa Franco Bizzoccoli, rivelandoci la pronuncia arcaica in dialetto intra moenia … dell’antico borgo fra le mura):
Cuacèr = coprire. Bisogna fare almeno una mano (fèr ‘na man). Se non si copre, si paga una busca, se i giocatori sono due, i punti sono altrettanti, fino al caso massimo e rarissimo dove un singolo giocatore fa cappotto.
Forse al Bar Mercato di Via Alghisi, si urlava .. “Te vè pò a cuacèr da l’Adele!” … “Vai poi a coprire dall’Adele! ” . Era una frase ricorrente, con un palese significato di pratica sessuale, essendo questa Adele una nota e frequentata signora mercenaria di Modena, quando uno, nonostante gli sforzi non riusciva a fare una mano.
Oppure “Te vè pò a cuacèr sot al portegh ed BorgNov! “ cioè in Corso Fanti dove c’è il Vescovado.
Andèr a lìss = andare liscio, un termine derivato e preso a prestito dalla briscola. Qui lo si può usare per il gioco di una carta bassa; se lo si fa poi in modo reiterato as fà al zògh ed la lisòuna = si fa il gioco della “lisciona”. Ma espressione più corretta è tirèr al zògh = tirare il gioco, cioè non si prende per diverse mani, in modo da far giocare gli avversari, sperando che le carte girino bene. Si tratta di una tattica furbastra e rischiosa; se le cose andranno male, si pagheranno parecchi punti. L’espressione pigheres (piegarsi) ha lo stesso identico significato.
Fèr zògh = Fare gioco. Quando un giocatore ha delle brutte carte alte, tenta da solo o in tacita compagnia di non far coprire almeno un avversario, che in tal caso pagherà almeno uno.
Quando hanno già coperto in tre, ed uno di questi cerca di far gioco e di non far coprire il quarto, gli altri due devono tenere ben presente che: “A gh è ‘na regola: an s’ da mìa ‘na man a fèr zògh per un!” = C’è un’altra regola importante ed è quella che quando si fa gioco bisogna sempre tentare di non far coprire due giocatori, facendo loro pagare ben due busche. Se invece solo uno non copre, certamente uno degli altri tre si sarà schivato almeno tre busche di mazzo.
Ass ed travèsr = Asso di traverso. Sadica pratica di smollare un asso al poveretto che ha giocato per primo una carta di un seme a cui si è secchi. Di solito la mazzata viene accompagnata da una falsa e melliflua costernazione: “Oh, a m’in despiès!”
Quando uno cerca di coprire con un asso, lanciandolo in apertura di mano, e semmai un altro ha il tre o il due secco, e quindi è costretto a prendere e farsi quindi l’asso (cosa sempre massimanente indigesta) gli dice, a mò di sfida e di consolazione personale: “Et cuac’ pò con ‘na cherta più elta!” = copri poi con una carta più alta – e quell’altro gli risponderà: “Mò tèes, te gh l’avrè sèch!” = ma taci che ce lo avrai secco, il due o il tre (intuendo naturalmente la verità).
Zughèr ‘na decima = giocare una carta decima. Dopo un paio di giri con lo stesso seme restano su almeno un paio di carte di quel tipo. Chi le gioca tenta di mettere in difficoltà un avversario, ma se nessuno prende, perché ha sbagliato i calcoli, saranno guai seri per il provocatore.
La decima franca è una carte che non può essere presa dagli avversari, perché è la più altra rimasta in gioco di un seme e nel caso di brutte carte, la sua presenza rende il possessore molto inquieto.
Il colpo della cento pistole – giocata suprema in danno altrui. Si tratta di una ironica citazione dumasiana dal romanzo I tre moschettieri “ Io mi avvicinai a lui, e siccome vidi che offriva cento pistole per un sauro … ebbi perduto il mio cavallo con nove punti contro dieci (pensate che colpo!) “. La frase viene pronunciata con grande e sadico piacere, quando uno sprovveduto giocatore, verso la fine della partita, cala una “decima franca” e si becca tre assi di traverso, perché tutti sono secchi a quel seme. Se si verifica questo drammatico episodio, lo sbeffeggio sarà molto pesante con frasi del tipo: “ Ohho, t’è ciapèe trì ass a cavall a la schina o in dal grùgn!” = Hai preso tre assi sulla schiena o sul grugno.
Alla fine degli anni ’80, ai tempi d’oro del Caffè Teatro gestito da Vittorio, Giancarlo Tartari, detto Taras, ma anche Delon o Delone per la sua nota avvenenza, nel gioco cotecchio era la vittima designata e costante di ogni partita: quasi tutti gli assi e le decime erano suoi. Da ciò nacque questa frase ironica: “Dio as sèlva da la silta e dal tròn e dal decimi ed Delòn!” = Dio ci salvi dalle saette e dal tuono e dalle decime destinate a Delone.
Ciapa e pò torna = Prendi la mano e torna a giocare lo stesso seme. Regola aurea del cotecchio. In tal modo si cerca di rimanere secchi a un gioco o di non farsi tornare in mano con una decima.
Essèr sèch a un zògh = essere secchi a un seme. Situazione molto favorevole che consente di scaricare di traverso sugli altri, assi o altre carte pericolose.
Andèr a dès = andare a 10. Quindi perdere la partita.
Andèr a véint = andare a 20. Queste eventualità è davvero il massimo della ignominia. Significa essere l’unico a perdere per tutti. Il dramma per lo sventurato è davvero grande. La notizia farà subito il giro della sala. Chiunque entrerà successivamente nel bar o nel luogo della partita, verrà immediatamente informato del grave fatto, rigirando il dito nella piaga: Ohhh incòo Gìg’ l’è andèe a vèint ! = Ohh oggi Gigi è andato a 20. E zò ed cal gnòch a torèl per al cul = e giù di quel gnocco per prenderlo in giro. Il fatto, soprattutto se al zugador l’è un ed ghigna = cioè reputato un gran giocatore, resterà per giorni nella memoria e non mancherà chi alla prima occasione gli urlerà: Mò tèes tè che l’etèr dè t’ì andèe a vèint! = Ma taci, proprio tu che l’altro giorno sei andato a 20.
Guérda ch’ t’ì andè a Nòv = Guarda che sei andato a nove busche. Al chè lo sfortunato giocatore, con finta e stizzita sicumera, risponde con prontezza: “An gh è problema !! DALCERO, al gh è stè tant’an a Nov!” = Non c’è nessun problema, tale DalCero (un residente immigrato nel vicino comune dal sud) c’è rimasto tanti anni a Novi di Modena!”. Nel senso che gli altri giocatori non si illudano, prima di andare a 10 e perdere .. deve ancora passare un bel po’ di tempo.
Dop Nòv a gh è la Moja = dopo Novi c’è Moglia. Una frase a doppio senso che in partita deve essere interpretata che quando si è arrivati a nove punti, la successiva e decima busca metterà lo sfortunato o incapace giocatore a mollo (a moj) nella acqua.
Quando uno è già fuori (10 e passa punti) e due sono a 9, lì lì per uscire, il quarto giocatore potrà fare il furbo e prendere in giro gli avversari: Dù a Nòv e un a la Moja. Ovvero due a Novi di Modena e uno alla Moglia (cioè già nell’acqua, col culo bagnato). La battuta … davvero notevole … di origine ottocentesca era sempre citata dell’indimenticabile Mauro Prandi (elegante giocatore) e voleva tracciare un immaginario itinerario, dai riscontri però ben reali, da Carpi al Po. A piacere … sullo stesso tono ci si può sbizzarrire e aggiungere … T’ì a la Zanzara, ristorante prima di Novi, al Punt ed la Preda, per chi viaggia sulle 7/8 busche; mentre chi arriva a 20 busche, pagando per tutti, si indica, superata la Moja, il mesto arrivo a S. Benedetto Po, con relativa immersione completa e infamante nell’acqua non certo profumata del Grande Fiume.
Un’altra bella e tagliente frase ad effetto che si indirizza al disgraziato perdente da parte di uno della combriccola, ma assente al momento della disfatta e al quale è stata prontamente comunicata la lieta notizia, anche tramite cellulare, è questa:
“ Oooh, a i ho sintìi che su a la Sera a tira di bèe vèint! A gh’e da tgnires strich!” (Oooh, ho sentito che su a Serramazzoni tirano dei bei venti – 20- ! C’è da tenersi ben stretti). Pur colto di sorpresa, prontamente lo sciagurato risponde … minaccioso e assetato di rivalsa: “ Sta atèinti … ch an gh ho mìa la memoria curta!” (Stai attento che non ho la memoria corta e prima o poi avrò la mia crudele vendetta!).
Nel caso vincano partita dei giocatori non reputati particolarmente abili, a scapito di personaggio esperti e blasonati, questi ultimi masticheranno molto amaro (per lesa maestà) e noteranno acidamente: “L’aqua la va a la Séra!” (l’acqua, contro natura gravitazionale, va dalla pianura a Serra Mazzoni che è in collina!)
Si può ricordare una scenetta che spesso si ripeteva nei caffé del centro e della piazzetta, fino agli anni ’80, durante il gioco del cotecchio, allorquando un giocatore, chiamiamolo Mario, faceva una giocata delle più balzane e chi ci capitava sotto, Carlo, reagiva in questo modo:
Carlo: Te te n sè gnint … T’ì n’ignorànt!
Mario: An ofendèr mia… Ignorànt te ‘l ve po’ a dir a to surèla!
Carlo: Oh, moRRo … Mè an t’ho mia ofèes … An t’ho mia dìit t’ì un cretèin!… A t’ho sol dìit t’i n’ignorànt … ch a vol dir che “Sei uno che ignora”…
E in quel modo si ristabiliva una pace armata al tavolo dei giocatori.
Può disgraziatamente capitare a cotecchio di sbagliare clamorosamente una giocata o di rifiutate, pur avendo il seme in mano (peccato massimo). Lo sventurato si può giustificare: “A gh’iva ‘na cherta frudeda!” cioè .. avevo una carta foderata, nascosta e appiccicaticcia perfettamente sotto un’altra e quindi … invisibile.
L’ineffabile Mauro Prandi, già sopra ricordato, dopo aver sapientemente manovrato le carte, alla 6^ mano calava la “decima tremenda”; uno dei giocatori buttava con disappunto sul tavolo tutte le carte che aveva ancora in mano e prendeva su tutto con aria mesta. Al ché il nostro Mauro infieriva: “Plucc’ … la raneina in dal palpucc’!” (… la ranina nel pantano!)
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Nota storica, testimoniatami da Attilio Sacchetti: negli anni ‘70 nella sede del Club del Corso di Carpi era presente un grosso campanello di bronzo del diametro di 8 centimetri (scartato in chiesa per l’avvento delle Messe post conciliari); il barista avvisava con rigorose scampanellate quando uno sfortunato o incapace zugadòr era andato a 20 punti: provocando uno sbeffeggio generale.
Franco Bizzoccoli ricorda però che tale usanza fu ereditata dal cafè ùstaria “Garibaldi” in Piazzetta. Un locale che fu a lungo il più vecchio di Carpi. Nei primi del ‘900 il ritrovo fu dotato, per lo stesso scopo, di un apposito un campanello, regalato da don Bertani d’la cèsa dal Crìst al gestore Gigìn Caròbi. In altri locali, in mancanza, si picchiava rumorosamente sui bicchieri.
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In altre conventicole venivano, ma anche oggi, vengono tenuti specifici diari giornalieri, redatti con minuziosa cura su appositi registri o quaderni con annotati i vincitori delle Maglie Nere.
Ecco le foto eccezionali del “Registro Nero dei 20 punti” usato nella bottega di Tito Ligabue di Viale Carducci negli anni dal 1996 al 1998 e tenuto con certosina cura da Carlo Alberto Parmeggiani.
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Un giocatore di grande capacità come Fabìin Carretti mi racconta, in confidenza, di avere l’abilità di ricordare e contare a mente le carte giocate e i punti nei mazzi di ogni giocatore, via via che le mani si dipanano. Ciò consentente di calcolare e calare con precisione i semi e le decime, cose fondamentali per non pagare o quanto meno pagare il meno possibile. Con la situazione sempre sotto controllo e con un appropriato smistamento degli assi e delle figure, l’astuto personaggio tenta sempre, quando è possibile, di far raggiungere lo stesso punteggio a due o tre avversari in modo che paghino, come da regola, doppio o triplo.
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Veniamo al cotecchio con il Pigugnino, che individua il fante di spade. L’etimo della parola pigugno non è chiara e, nonostante le ricerche compiute, sono arrivato al massimo all’ipotesi in cui il Parmeggiani suggerisce l’origine forse da pigòun. Un termine che nel dialetto della bassa indica il picchio, che fa i buchi negli scuri con grave disapprovazione e stracancheri al suo indirizzo del padrone che se li è pagati. E’ gioco di carte diffuso soprattutto in provincia di Modena, in particolare a Spilamberto e dintorni. Viene anche chiamato pigugno o pico (o, più raramente, pigo) oppure pigògn e pigugnin nei vari dialetti della zona. Prende il nome dal fante di spade (o di picche), che è appunto “il Pigugno” e che riveste un ruolo importante nel gioco. Ogni zona ha le sue regole, io narrerò SOLO del “mio cotecchio” che si giocava a Carpi negli anni ’60 al Parco (delle Rimembranze) ed front a l’usdèl = di fronte all’Ospedale Ramazzini e negli anni ’70, ai tempi delle medie, coi miei amici Millo, Giorgio, Giuseppe, Giamba, Biccio, ecc … . Se non ricordo male, e chiedo venia, mi sembra che le uniche differenze erano che anziché a 10 e 20 busche, si uscisse a 11 e 21.
A Carpi oggi tale versione è caduta in disuso, ma non ho mai capito il perché.
Al Parco due giocatori si mettevano a cavalcioni delle panchine bislunghe di cemento biancastro coi puntini neri (ancor oggi esistenti) e gli altri due di fronte ai lati lunghi, appoggiati in bilico sulla canna della bicicletta. Il gioco era molto duro e nulla veniva perdonato. Un contorno di ragazzi più giovani seguiva con attenzione e soggezione le partite dei più grandi. Tutti sempre attenti che non arrivasse il Vigile, cosa che provocava una veloce sparizione del mazzo (che altrimenti sarebbe stato subito sequestrato) e un fuggi fuggi generale. Pare fosse proibito giocare a carte, ma sinceramente non ho mai capito il perché.
A Carpi le regole, a netta differenza delle altre zone, sono uguali identiche al normale cotecchio, ma con in più l’incomodo del Pigugnino che deforma e modifica sostanzialmente il gioco e le sue strategie. Il fantino vale sempre due busche che sono a carico di chi lo fa malauguratamente proprio, tale giocatore può quindi essere diverso da chi paga le normali busche del giro; nel caso un giocatore non copra vale uno.
Gran parte del tempo delle partite era impegnato nelle operazioni del dare e del non prendere la famosa carta, in più c’era sempre il pericolo costante d’ingugneres al Pigugnin = ovvero … l’ingugno del Pigugno da parte di chi lo aveva in mano: una umiliazione davvero drammatica, dalla quale era difficile riprendersi psicologicamente con prontezza.
Ma in generale anche quando si rifilava il famigerato fantino, con meticolosa e chirurgica precisione, al giocatore messo peggio, si provocano sentimenti di odio risentimento e vendetta.
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Al Parco era anche in uso la crudele tradizione dal cutec’ cun la scàrga = cotecchio con la scarica. Lo sventurato che andava a 20 doveva pagare pegno. Veniva fatto sedere a cavallo della panchina, gli si dava in mano il mazzo mischiato e coperto. Mentre, chino, scopriva una carta alla volta alla ricerca del Pigugnino, crudelmente gli altri giocatori lo battevano a mani aperte sulla schiena, finché la carta maledetta non veniva trovata. Mi è capitato solo una volta di assistere alla sconcertante scena, avevo 13 anni, ma mi è rimasto impresso in modo indelebile nella mente. Am vin i sgrisòor, sol a pinserèg!!.
Fabìin Caretti mi ha confermato la cosa, ricordandomi che lui era uno dei protagonisti di questa feroce usanza e che spesso in tre si mettevano d’accordo per giocare tutti contro tale Billy Dotti per farlo arrivare a 20 punti e somministrargli, con sadismo giovanile, la pena corporale prevista.
Sempre al Parco negli anni ’60, le partite venivano accompagnate da un sovradimensionato contorno di parolacce e di bestemmie, ciò per dimostrare che chi giocava era già “grande”; si usavano anche frasi grevi e stupidamente ridondanti del tipo: “An t’ha da gnìret domila canchèr, mascin e femnèini, acsé i fan raza e a t i’n vin un milierd!”
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E’ poi da segnalare, non a Carpi, ma in zone limitrofe, l’insana e idiota variante, nata in tempi più moderni, del così detto “Pigugno Etilico”. Essa prevede l’assunzione di bevande alcoliche, in corrispondenza delle tradizionali busche; questa variante che in tutto e per tutto resta identica al gioco originale del luogo, si è diffusa particolarmente negli ambienti scolastici o generalmente negli ambiti comunitari.
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Il Parmeggiani riguardo al Pigugno modenese, che a Carpi non si gioca quasi più e comunque con altre regole, se non per le feste di Natale, in cui si ha a che fare con donne e con bambini, ritiene che ciò sia accaduto perché a Modena e dintorni sono più “gentili” e meno assatanati (c’è chi dice più effeminati), dato che il loro modo di contare i punti, ossia le “busche” da pagare, è molto più attenuato e meno esoso. Infatti, fra i geminiani, che tu copra o non copra, che tu faccia 15 o 18 oppure 21, o 24, o 35 addirittura è sempre quella sola unica “busca” che tu paghi e che magari aggiungi al Pigugno, che ti è stato scaricato con lieve cattiveria o aggiungendoci una scusa. E quindi, a conti fatti, viene meno tutto il maccheggio di alleanze sotterranee e di giocate strepitose da vero stratega, per far pagar di più chi hai deciso di punire o di mettere alla gogna. Cosa che invece a Carpi, città di commercianti, gagà, arrabbiati e avventurieri, continua ad avere un certo suo valore.
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Conclusione
I giochi del cotecchio e in particolare del Pigugno si devono usare se hai una persona con cui vuoi disgustarti. Un amico mi ha raccontato che un’estate coinvolse il padre e dei vicini di casa a giocare a pigugno; giocarono parecchio e sèinsa remisiòun. Un giorno, dopo l’ennesima partita finita ad ass ed travèrs, uno dei vicini sentenziò: “St’etra volta a zugom pò cun i curtèe piantèe insìma a la tèvla … !”… “Quest’altra volta giochiamo poi coi coltelli piantati sul tavolo !” … Scherzava o diceva sul serio ???
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NOTE:
*Per la parola “gioco” in dialetto ho usato la Z nel dialetto, ma si tratta della nostra “eSSe” locale.
* Il vocabolario della Gallia Cisalpina e celtico di Pietro Monti – 1836 – Cisalpine Republic – 139 pagine dà il seguente significato al nome del gioco:
Cotecchio = legno tarlato / fradicio.
Forse per indicare il lento, ma continuo aggravarsi della situazione legata al punteggio dei giocatori (???)
Si attendono conferme.