Lo stand gastronomico, o “ristorante”: lato A
Il cuore di tutto, il centro, il fulcro di una manifestazione, è ovviamente lo stomaco.
Immancabile quindi il ristorante, che con il tempo si è raffinato ed internazionalizzato fino ad autodefinirsi stand gastronomico. Va detto che il ristorante assume due aspetti incredibilmente diversi, a seconda del lato dal quale lo si guardi: come volontario o come avventore. Procederemo quindi ad una narrazione diversificata.
I volontari sono mamme, figli, nonne e papà che si autoinfliggono turni massacranti di lavoro per il bene della comunità . E’ giusto quindi riconoscere il tenore del supplizio al quale si sottopongono.
Lo stand è composto da circa un campo da calcetto di tavolate, sormontate da quella che una volta era una tettoia in lamiera, e oggi è un elegante tendone chiesto in prestito alla Festa dell’Unità o affittato da imprese che campano solo su queste iniziative.
Dietro alla tettoia c’è la Casa del Pellegrino, per l’occasione trasformata nella fucina di Vulcano, o nell’inferno dantesco. Dalle finestre spalancate rotolano roboanti nel cielo nuvole di vapore e di strutto. All’interno signori in tuta blu armeggiano come tante dee Kalì, rimestando calderoni di Polenta, bollendo in umido suini interi e tinozze di ragù. In un altro angolo sibila minacciosa una batteria di affettatrici, che sminuzza metri e metri di salame, rosari di coppe, metri cubi di ciccioli e foreste di prosciutti. Gli affettatori/trici stantuffano avanti e indietro i carrelli, con lena da ginnaste di Spinning, e sprizzanti del pericolo.
Nell’ultimo angolo disponibile c’è una tonnara fumigante dal quale i cuochi pescano retate di maccheroni al pettine e trenette.
Già , trenette: in spregio al conservatorismo locale, quest’anno si è provata l’introduzione di una pietanza esotica, preparando 500 porzioni di pesto alla genovese della miglior tradizione, fatto a mano e con il basilico di Prà .
Il problema è che i cuochi locali diffidano da qualsiasi cosa non contenga maiale, e osservano con sospetto questa salsa verde che lascia chiaramente intendere origini marziane o radioattive.
Non concependo che la pasta vada condita con il pesto fresco, all’inizio lo facevano riscaldare, o saltavano la pasta al pesto in padella guardandosi intorno con aria colpevole, o ricoprivano il piatto di olio visto che era “scondito”. Dopo qualche rimostranza dell’autoctono Genovese i cuochi si sono convinti ma, borbottando, nei loro occhi rimaneva uno sguardo perplesso.
Dentro e fuori la Casa del Pellegrino sciamano ragazzi, ragazze e bambini da fare compassione a Oliver Twist, carichi di vassoi ricolmi di Polenta Fumante e montagne di salume e Gnocco Fritto.
Il gnocco fritto è uno dei vanti della cucina tradizionale Modenese: è una specie di frittella di pasta rettangolare che si mangia con il salume, lo stracchino, l’uva, la marmellata, la nutella ed il savòr.
Seppure sembri agghiacciante, il gnocco va fritto non nell’olio ma nello strutto, o grasso di maiale, che ha una temperatura di ebollizione più alta e quindi non lo rende unto e spugnoso. E inoltre apporta la relazione con il maiale necessaria a giustificarne l’appartenenza all’alimentazione emiliana.
Fra la Casa del Pellegrino ed il fienile (del Pellegrino) c’è una tettoietta di lamiera con un neon, e un telone di plastica avvolto tutto intorno e tenuto fermo da una betoniera.
In questa baracchetta intrepide signore armeggiano intorno a enormi bacili con fornello incorporato, sopravvivendo a temperature da altoforno, vapori corrosivi di grasso di maiale sublimato e schizzi roventi tipo lapilli da eruzione vulcanica. Organizzate con un lavoro a catena immergono i rettangoli di pasta, li girano in pochi secondi con le “ramìne” e li estraggono, accumulando gnocco e frittelle in cassette da frutta foderate di scottex.
A fornire loro il necessario supporto morale c’è il famigerato corridoio del Gnocco da Asporto, dove gente in attesa con prenotazioni pantagrueliche e sacchettoni incita alla produzione di massa, fornendo un pubblico degno di un combattimento clandestino fra galli.
(Segue…)