Novecento

NovecentoA.Baricco, 1994, Ed.Feltrinelli, 62pag 4,5€ (Novecento su BOL)


Un assolo di tromba jazz, questa mattina, mi ha ricordato uno dei libri più
belli che in assoluto abbia mai letto.
Nato come monologo per
rappresentazione teatrale, pubblicato come romanzo, trasposto in un magnifico
film da Tornatore (La leggenda del pianista sull’oceano), in sessantadue pagine
dipinge un mondo, a cavallo della nascita di un nuovo secolo.
“Nessuno è mai
veramente fottuto fino a che ha una storia da raccontare, e qualcuno a cui
raccontarla”.
Tim Tooney una storia ce l’ha, eccome:

quando era in servizio come trombettista jazz sul Viginian, che traghettava i
ricchi in prima classe e le speranze dei poveri in terza classe verso l’America
(quella con la A maiuscola), quando suonava, divecvo, ha conosciuto Danny
Goodman T.D. Lemon Novecento, il pianista più bravo che sia mai esistito.
Si
dice di lui che non fosse mai sceso dalla sua nave, ma poco importa, per come
suonava: “suonavamo per farli ballare, perché se balli non puoi morire, e ti
senti Dio”

Novecento non suona le note normali, prende la musica dagli
occhi della gente, legge e conosce da lì il mondo che passa sulla nave, hai
presente quando cala la nebbia su New Orleans?


Atmosfere jazz e blues, che ti pare di sentirle uscire dalle pagine,
personaggi indimenticabili, un fulmine che in un’ora ti solleva, ti frastorna, e
poi finisce e se ne va, e ti senti abbandonato. Oh, yeah!


“Tutta quella città …non se ne vedeva la fine…..
La fine, per cortesia,
si potrebbe vedere la fine?
E il rumore
Su quella maledettissima
scaletta…era molto bello, tutto…e io ero grande con quel cappotto, facevo il
mio figurone, e non avevo dubbi, era garantito che sarei sceso, non c’era
problema
Col mio cappello blu
Primo gradino, secondo gradino, terzo
gradino ……
Non è quel che vidi che mi fermò
E’ quel che non
vidi
Puoi capirlo, fratello?, è quel che non vidi….lo cercai ma non c’era,
in tutta quella sterminata città c’era tutto tranne
C’era tutto
Ma non
c’era una fine. Quel che vidi è dove finiva tuttoquello. La fine del
mondo
Ora tu pensa: un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu
sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu,
sei infinito, e dentro quei tasti, infinita è la musica che puoi fare. Loro sono
88. Tu sei infinito. Questo a me piace. Questo lo si può vivere. Ma se tu
Ma
se io salgo su quella scaletta, e davanti a me si srotola una tastiera di
milioni e miliardi
Milioni e miliardi di tasti, che non finiscono mai e
questa è la vera verità , che non finiscono mai e quella tastiera è
infinita
Se quella tastiera è infinita non c’è musica che puoi suonare. Ti
sei seduto su un seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona
Dio
Cristo, ma le vedevi le strade?
Anche solo le strade, ce n’era a
migliaia, come fate voi laggiù a sceglierne una
A scegliere una donna
Una
casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo
di
morire
Tutto quel mondo
Quel mondo addosso che nemmeno sai dove
finisce
E quanto ce n’è
Non avete mai paura, voi, di finire in mille pezzi
solo a pensarla, quell’enormità , solo a pensarla? A viverla…
Io sono nato
su questa nave. E qui il mondo passava, ma a duemila persone per volta. E di
desideri ce n’erano anche qui, ma non più di quelli che ci potevano stare tra
una prua e una poppa. Suonavi la tua felicità , su una tastiera che non era
infinita.
Io ho imparato così. La terra, quella è una nave troppo grande per
me. E’ un viaggio troppo lungo. E’ una donna troppo bella. E’ un profumo troppo
forte. E’ una musica che non so suonare. Perdonatemi. Ma io non
scenderò.
Lasciatemi tornare indietro.
…….Io, che non ero stato capace
di scendere da questa nave, per salvarmi sono sceso dalla mia vita. Gradino dopo
gradino. E ogni gradino era un desiderio. Per ogni passo, un desiderio a cui
dicevo addio. Non sono pazzo fratello. Non siamo pazzi quando troviamo il
sistema per salvarci.”