Stefano Benni, 2003 ed. Feltrinelli, 256 pagine, 14,50â¬
Stefano Benni è sempre Stefano Benni, e appartiene a quella ristrettissima lista di autori dei quali compro i libri appena escono (e appena ho i soldi ), rimanendo difficilmente deluso.
Infatti l’ultimo romanzo, Achille piè veloce, è durato un paio di giorni, non di più. Come sempre, appena si inizia a leggere si viene immediatamente precipitati in una realtà mostruosa, deformata, ma tanto simile alla nostra che non si sa se la sitia guardando con uno specchio deformante o una lente di ingrandimento.
Il protagonista, lo scrittore Ulisse, è perseguitato dai suoi fantasmi personali, che continuano a fare (fisicamente) capolino nella sua vita. La sua vita scorre a fatica in una intuibilissima Bologna autunnale, con nebbie e dragobruchi che vagano per le strade e per gli ipermercati pieni di roba invenduta. L’amore della sua vita (il più grande, non l’unico: Ulisse è un poligamo politrofo) è Pilar-Penelope, una bellissima immigrata sudamericana, e il suo editore-capo, Vulcano, è succube della Playstadion.
Un giorno Ulisse riceve l’invito ad un incontro con un certo Achille, che annuncia “Se lei riuscisse a concepire nella sua testa una qualsiasi definizione di normalità in nessun modo io rientrerei nella sua definizione”.
Da lì nasce una storia tormentata ed inquietante, che conduce ad un finale a sorpresa.
Che dire, il libro mi è senz’altro piaciuto, anche se si sta discostando dallo stile del Benni Classico.
L’impressione è che la società sia dipinta con tratti sempre più amari, sempre più crudi. Il rancore e la rabbia prendono il posto della fantasia e della finzione. Per fare un esempio, la figura dell’Egoarca Mussolardi de “La compagnia dei celestini” si è definita in figure chiaramente riconoscibili in “Saltatempo”, per arrivare all’ultimo passo prima dei nomi e cognomi: il Duce.
Ma non è una questione di politica, la stessa spietata luce ha investito i riferimenti erotici, rivelandoli praticamente per pornografia.
Forse è perchè proprio il co-protagonista, Achille, è l’emblema della morte, della sofferenza, dei sentimenti viscerali, non ipocriti, e reclama qualcosa di più del contesto quasi fiabesco degli altri racconti.
Con questo non voglio dire che l’ultima opera sia meno bella delle precedenti, anzi, ma è un ulteriore passo verso un “cambiamento di tono” dei racconti.
Forse perchè, mano a mano, la realtà sta superando l’immaginazione.
Di solito riporto un brano del libro, ma ora non l’ho qui con me; finchè i link al sito della Feltrinelli reggono, lo lascio riportare all’autore stesso:
Ps:concordo con Stefano Benni: l’idea lancio dei pubblicitari fa schifo.
“Stefano Benni vi commuoverà ” è orribile, come il fatto che il libro sia presentato giusto come carta da fazzolettini, tipo i filmoni rosa che ci propinano su Rete4. Brrrr…….