La vera storia di Matrix Reload (primo tempo)

Ricevo dal Davo e godibilissimamente pubblico:


Sbang! Sock! Stunf! Schiaffazz! Crash! Risbang! Pugn! Calcinfacc!


I titoli di testa scorrono su Trinity impegnata a somministrare coscienziosamente a una banda di poveracci una bella scarica di mazzate volanti. Dopo l’ultimo calcione nelle gengive, Trinity si guarda intorno in cerca dell’uscita, disdegna & schifa la porta, e si getta infine contro l’unica finestra chiusa, che esplode come una fontana di vetri in slow-motion senza neppure scalfirle il gel, mica come noi che ci tagliamo anche coi fogli di carta. Mentre precipita ha il tempo di svuotare ottantadue caricatori, lanciare ventinove pugnali e completare dodici Bartezzaghi a schema libero. Poi, finalmente, muore. Neo si sveglia di soprassalto: era un incubo.


– Cosa c’è, amore? – gli chiede Trinity – Sei sconvolto perché hai sognato la mia morte?


– No, è che ho visto la nota spese per gli effetti speciali solo per i primi trenta secondi di film.


– Che t’importa? Va tutto sul conto dei polli che pagheranno il biglietto per vedere questa boiata.


– Ah già , è vero.


– Alzati, coraggio: siamo arrivati a Zion.


La Città degli Umani Liberi, che il primo Matrix aveva avuto il buongusto di non mostrarci, si rivela una via di mezzo tra Kabul dopo i bombardamenti e la Metro A in ora di punta. Morpheus affida l’astronave a un parcheggiatore napoletano e va a trovare un brutto ceffo che, si viene a sapere,


a) comanda l’esercito di Zion;


b) si tromba l’ex-ragazza di Morpheus.


– Stanno arrivando 250mila seppie! – bercia il ceffo.


– Per me in umido con pomodori pachino – commenta Morpheus. – E senza aglio, sennò mi gonfio d’aria.


– Intendo sentinelle elettroniche! – sbraita il ceffo. – Matrix ne ha mandate 250.000 per farci il culo!


– Non devi aver paura: adesso abbiamo l’Eletto, l’Annunciato della Profezia, l’Unto del Signore.


– Ma chi, Berlusconi?


– Perché non vuoi credere? – insiste Morpheus. – Non ti convince la genialità dell’idea che, in questo mondo dominato dai computer, alla fine noi uomini prevarremo grazie a una sana spiritualità new age?


– Mi sembra una stronzata.


– Vabbè – si congeda Morpheus. – Salutami Niobe.


– E tu salutami ‘a soreta.


Neo e Trinity, nel frattempo, stanno cercando un posto per imboscarsi in santa pace, ma vengono circondati da una folla di questuanti e postulanti che nemmeno Andreotti ai tempi d’oro.


– Ti prego, Eletto, fammi la grazia!


– Salvaci, Eletto!


– Proteggici, Eletto!


– Trovami un posto in ferrovia, Eletto, che se sei stato eletto è anche grazie al mio voto.


– Riusciremo mai a restare soli? – sussurra Neo.


Trinity strizza l’occhio. – Non preoccuparti, caro: stasera c’è un rave party, e saranno tutti così fumati che non distinguerebbero un’orgia da una frittata di cipolle.


Difatti, quella stessa sera, la città sotterranea si trasforma in una megadiscoteca underground con tanto di cubiste, rapper schizzati e DJ conciati tipo ultimo video di Britney Spears. Gli abitanti di Zion (Zionisti?) pogano come matti, specialmente dopo che Morpheus sale sul cubo e spara un discorso da spogliatoio di finale Champions League, di cui peraltro nessuno capisce un caxxo date le percussioni a ventimila decibel e forse è un bene.


Neo e Trinity scopano in dissolvenza sulle immagini del rave party.


Poi scopano di nuovo. E poi ancora. E ancora, visto che la sequenza si replica, in una sagra del brodo allungato, fino all’ultimo secondo tollerabile prima che in sala gli spettatori diano fuoco alle poltroncine.


La mattina dopo, mentre tutti smaltiscono la sbornia, alla porta di Neo si presenta un corriere DHL.


– L’Oracolo ti vuole parlare, Eletto – informa.


– Non poteva mandare una e-mail?


– Devi rientrare in Matrix, Eletto: l’Oracolo ha da farti delle rivelazioni importantissime.


– Tipo in Matrix 1, quando la cosa più utile che mi ha detto è che i biscotti vanno cotti in forno? No grazie.


– Guarda che se rientri in Matrix potrai farti una serie di scazzottate che a confronto Bruce Lee era un gandhiano.


– Mi hai convinto. Andiamo.


Detto fatto, Neo si infila gli elettrodi in tutti gli orifizi disponibili, chiude gli occhi e si ritrova dentro il mondo simulato. L’aspetto del suo “avatar” è cambiato parecchio rispetto al primo film: ha un colorito da salma di tre giorni, una palandrana ieratica che dovrebbe richiamare Luke Skywalker in divisa da Jedi ma che invece lo fa somigliare a Don Camillo, e niente cellulare Nokia probabilmente perché i finlandesi non hanno rinnovato l’accordo di sponsor. Gli occhialini alla Stevie Wonder invece sono sempre gli stessi, da indossare rigorosamente anche in piena notte con un buio fottuto per creare il sintomatico mistero.


Giunto all’indirizzo comunicato dal pony-express, Neo si ritrova in un dojo modello Karate Kid.


– Salve – fa Neo al cinesino che gli apre. – Io sono…


– Nooooo! – esclama l’altro, scandalizzato. – Prima dobbiamo picchiarci, poi mi dirai chi sei e che caxxo vuoi. Così è scritto sul contratto.


E giù botte. Sbang! Sock! Stunf! Schiaffazz! Crash! Risbang! Pugn! Sbudell! Ditonellocch!


Il tutto commentato da una colonna sonora eseguita evidentemente da una band di bonghisti in pieno delirio etilico.


– Ok – commenta il cinesino alla fine. – Il tuo kung-fu fa cagare, però gli effetti speciali sono gagliardi. Puoi passare.


Lo conduce in un tipico parchetto newyorkese pieno di deiezioni canine e piccioni rincoglioniti. L’Oracolo, seduta su una panchina, ha l’aspetto di una portinaia del Prenestino.


– Tu sei un software, vero? – esordisce Neo.


– Conosci già la risposta a questa domanda – replica la donna. – E comunque, software o no, recito meglio di te.


– Fai parte anche tu di Matrix?


– Conosci già la risposta a questa domanda.


– Perché mi hai fatto chiamare?


– Conosci già la risposta a questa domanda.


– Ma cos’è, il call center di Infostrada? – sbotta Neo, spazientito. –


Vuoi dirmi qualcosa di utile, una buona volta?


– L’Architetto di Matrix ti chiarirà tutto, Neo. Ma prima devi scoprire dov’è. E prima di questo devi trovare colui che ha la chiave per entrare. Ma prima di questo devi trovare colui che sa dov’è colui che ha la chiave.


Chiaro, no?


– Ho capito: sei un software scritto in Cobol.


– Ora devo andare, Neo. Abbiamo parlato troppo: per compensare devi menare le mani almeno venti minuti.


Difatti, come per magilla, all’improvviso appare l’agente Smith incazzato come un ornitorinco. E giù botte.


Sbang! Sock! Stunf! Schiaffazz! Crash! Risbang! Pugn! Sbudell! Calcneicoglion!


Per far capire al pubblico che questa scazzottata è diversa dalla precedente (un compito davvero arduo) all’improvviso Smith si duplica. Poi si triplica.


E così via, finché la piazzetta non è piena di gente vestita da Franco Battiato dedita a un kung-fu figurato quale non si vedeva dai tempi di “Franco & Ciccio dalla Sicilia con Furore”.


– Cos’è questa storia che puoi moltiplicarti, adesso? – chiede Neo, un po’ contrariato.


– Nei videogames i nemici dei livelli superiori sono più tosti, lo sanno tutti. – spiega Smith. – Nel prossimo quadro te la vedrai con Pacman e poi con Supermario.


– Non ho paura – replica Neo con aria di sfida. – Posso volare, e appena supero 3.000 punti mi becco l’iperspazio e la smart bomb. E allora per voi saranno caxxi.


E giù botte. Sbang, sock, stunf eccetera. I due se le danno di santa ragione finché il numero di testicoli esplosi in sala non raggiunge il limite prescritto dalla Warner Bros. Poi Neo schizza via alla Superman, mentre Smith si spazzola la giacca appena impolverata dal combattimento. Un filmone.


Nel frattempo, a Zion, Morpheus e l’ex-fidanzata Niobe interpretano un duetto di grande tormento interiore e sensibilità passionale.


– Ah, amata Niobe, certe cose cambiano…


– Altre non cambiano mai, amato Morpheus… – sospira la donna.


– Certe, invece, cambiano.


– Sì, ma altre non cambiano.


– Mai – conferma Morpheus.


– D’altra parte, alcune cambiano.


– Sì, ma sono altre. – specifica l’uomo.


– Mentre alcune no.


– Proprio così… Cambiano.


– Alcune.


– …si può sapere di che caxxo stiamo parlando?


– Non importa: abbiamo sfangato altri dieci minuti di film, e questo è l’importante. Ora torniamo dentro Matrix che c’è da scazzottare.


Detto fatto. Neo, Morpheus e Trinity (questi due vestiti delle solite tutine di pelle sadomaso che si vede fanno arrapare molto i Wachowski) si ritrovano in un ristorante a quindici stelle, di quelli che al cameriere di mancia come minimo devi dare una Rolls.


– Che caxxo ci facciamo qui? – chiedono i due sadomaso.


– Dobbiamo andare dal Merovingio. – spiega Neo.


– Non capisco.


– Il Merovingio. Un programma ribelle e potentissimo che tiene prigioniero il Fabbricante di Chiavi.


– Non capisco.


– Il Fabbricante di Chiavi. L’unico che può farmi accedere al rifugio dell’Architetto.


– Non capisco.


– L’Architetto. Il creatore del codice sorgente di Matrix.


– Non capisco.


Neo sbuffa. – Insomma, siamo qui per una bella scazzottata.


Trinity e Morpheus si illuminano. – Perché non l’hai detto subito, invece di arrampicarti sugli specchi con tutte quelle stronzate?


Il Merovingio, che ha l’aspetto di un bisteccone a metà strada tra Cassano e il biondo dei Ricchi & Poveri, li fa accomodare al tavolo dove sta magnando a quattro palmenti.


– Scusami, Neo… – sussurra Morpheus. – Non avevamo solo 72 ore per salvare Zion? Allora perché siamo così calmi e rilassati mentre sorseggiamo questo aperitivo del caxxo? E’ una scena troppo pretestuosa perfino per questo cesso di sceneggiatura!


– Taci! – intima Neo. – E’ vero, tutto questo è un pretesto. Ma serve per introdurre la grande e fighissima attrice che in questo momento rappresenta il Cinema Italiano nel mondo: un po’ di rispetto.


Difatti, in quel momento appare Monica Bellucci nei panni di Persephone.


– Borb borb borb… – dice.


– Scusa, ma perché reciti come se avessi una banana in bocca? – le fa stupita Trinity.


– E’ la voce… borb… che mi veniva mentre il produttore… borb…mi faceva il provino – confessa la Bellucci, sforzandosi inutilmente di scandire le sillabe. – Lui ha detto che ero… borb… bravissima.


– Già che ci siamo, Neo: tu invece perché sussurri sempre, anche quando gridi perché ti stanno scannando?


– Be’, parlare sottovoce è come portare gli occhiali neri: fa tanto ieratico.


– Ora basta! – sbraita il Merovingio. – Avevo l’intenzione di consegnarvi il Fabbricante di Chiavi, ma dopo queste battute è chiaro che siete dei minchioni peggiori perfino di quelli che stanno seduti in platea. Filate via e non fatevi più vedere, prima che mi vendichi su di voi per questo nome del caxxo che mi hanno rifilato.


I tre lasciano il ristorante mogi come leghisti dopo le amministrative.


– Che facciamo adesso, Neo?


– Coraggio, Trinity: è l’ora del colpo di scena più telefonato dai tempi di Meucci. Spero solo che il pubblico regga.


– Io non mi preoccuperei: questa gente beve tutto. Basta che il colpo di scena non sia una stronzata colossale tipo che la Bellucci tradisce il marito e ci consegna il fabbro in cambio di un tuo bacio… – al pensiero, Trinity rotola a terra contorcendosi dalle risate. L’ascensore si apre, e la Bellucci ne esce trionfante ad annunciare che tradisce il marito e consegna il fabbro in cambio di un bacio di Neo.


Trinity vomita nel vaso dei ficus.


Il primo tempo termina con la musichetta finale di Pengo e la scritta “Insert coin to continue…”